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  • AIRU: il teleriscaldamento in Italia resta al palo

    Nella strategia di comunicazione di AIRU, l’Annuario il Riscaldamento Urbano rappresenta il prodotto editoriale di punta, in grado di offrire la più aggiornata overview sullo stato dell’arte e sulle evoluzioni del settore in Italia. Anche per l’edizione 2019 il Riscaldamento Urbano parte dall’analisi dello sviluppo storico per poi presentare un quadro di sintesi (infrastrutture in esercizio, volumi riscaldati, calore distribuito, ...) della situazione attuale e un focus dedicato a biomasse e geotermia. Quest’anno, però, sono due le novità rispetto al passato: una nuova veste grafica per le schede tecniche di dettaglio relative a oltre 190 reti presenti su tutto il territorio nazionale, e la pubblicazione di un Estratto. “Si è scelto di proporre i contenuti anche sotto forma di Estratto - racconta Ilaria Bottio, Segretario Generale di AIRU - per coinvolgere un uditorio più ampio rispetto al precedente. L’Annuario è rivolto ai tecnici, è destinato agli accademici e agli operatori del settore. Per interessare il mondo dei decisori pubblici e rendere più fruibile da parte loro l’Annuario, abbiamo pensato ad un volume agile, di 50 pagine, con dati aggregati e non presentati in dettaglio. L’Estratto - conclude Ilaria Bottio - può rappresentare un utile strumento per i Sindaci o gli assessori regionali a supporto di una corretta ed efficace comunicazione sul territorio, per far conoscere benefici e opportunità economico/ambientali del teleriscaldamento”. AIRU ha più volte ricordato, anche in sede istituzionale, il fondamentale contributo che il teleriscaldamento può fornire al raggiungimento degli obiettivi (sottoscritti sia a livello nazionale, sia in ambito europeo) al 2030 e 2050. Molti Paesi europei hanno intrapreso già da anni programmi di sviluppo e di sostegno, con investimenti significativi sul calore distribuito, ampliando la diffusione delle reti, il numero delle città servite, le calorie distribuite. Con sconforto si constata invece che il nostro Paese sembra credere in questa tecnologia solo a parole, nel recepimento delle direttive europee. Nei fatti, nulla si realizza. Per 34 anni consecutivi si è assistito alla diffusione capillare del teleriscaldamento, ma dal 2015 tutto si è fermato. Il settore sta vivendo un momento di sofferenza, nonostante le nuove iniziative di efficientamento del servizio tramite recupero di cascami termici industriali, utilizzo di fonti rinnovabili e riduzione della fonte fossile. Le reti esistenti crescono solo grazie alla lungimiranza dei gestori e degli amministratori locali. “È noto - commenta Lorenzo Spadoni, presidente AIRU, nell’introdurre il volume - che la nuova presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, come primo atto formale ha annunciato all’Europarlamento un Green Deal per l’Europa volto a ridurre le emissioni di CO2 del 50-55 per cento al 2030. Il teleriscaldamento è stato più volte identificato come una delle soluzioni su cui puntare”. “Ma in Italia - continua Spadoni - se a parole c’è piena sintonia con Bruxelles e il PNIEC assegna al teleriscaldamento un peso crescente nelle politiche energetiche del nostro Paese, nei fatti il comparto soffre tutte le criticità di una crescita quasi zero, nonostante le aziende del nostro settore sarebbero pronte a mettere in campo investimenti di rilievo”.

  • Carbone versus Khole: un confronto Italia-Germania

    L’impresa di una decarbonizzazione dell’economia europea risulta notevolmente impegnativa, considerando la chiusura di altri 8 reattori nucleari in Germania e gli impatti sociali ed economici per la chiusura di centrali a lignite e carbone che nel 2018 hanno prodotto il 19,2 per cento dei 3.250 TWh nella UE. A fine 2018, i Paesi con la maggior dipendenza dal carbone risultavano essere la Danimarca, l’Olanda, la Romania, il Portogallo e la Slovenia con una quota compresa tra il 20 e 31 per cento, la Grecia con il 34 per cento, la Germania con il 36, la Bulgaria con il 43, la Repubblica Ceca con il 47 e la Polonia con il 77. L’Italia è al 12 per cento. Risulta interessante un confronto Italia–Germania sulla base dei dati consolidati al 2017. L'Italia – secondo Agora Energiewende – nel 2018 ha avuto circa 27 TWh di produzione da carbone (circa il 10 per cento del totale rispetto al 36 della Germania) con emissioni di CO2 pari a circa 25 Mt, una forte produzione da gas, niente nucleare e quindi costi di produzione ben superiori a quelli tedeschi. La Germania ha avuto nel 2018 146 TWh prodotti da lignite e 83TWh da carbone, con emissioni di CO2 valutabili in 220 Mt, pari quindi a 9 volte le emissioni per elettricità da carbone in Italia; punta molto su eolico, specie offshore, e dovrà tenere in conto l’uscita programmata entro il 2022 degli ultimi 8 gruppi nucleari. La Germania non proclama l’uscita dal carbone a breve e dal recente documento di fine gennaio 2019 della Khole commission, la propone per il 2038 a seguito di dettagliate analisi sui costi; è possibile un’anticipazione al 2035 da valutarsi nel 2032, e sono proposti 40 miliardi di euro di indennizzi per le regioni con miniere e “speciali misure da meglio definire al fine di evitare sensibili aumenti delle già alte tariffe elettriche”. È prevista la chiusura entro il 2022 di 12,7 GW di centrali a lignite; tuttavia le compensazioni sono ancora da definire e non mancano le contestazioni dei proprietari. Venendo all’Italia, è stato scritto nella SEN – e ribadito nel recente PNIEC – che tutte le centrali a carbone verranno chiuse entro il 2025. Occorre definire celermente un chiaro accordo con i proprietari delle centrali per la valorizzazione degli stranded asset e una immediata partenza delle autorizzazioni per le infrastrutture previste da Terna. Chiaramente, sia per l’Italia che per la Germania, saranno determinanti per l’effettivo raggiungimento dell’obbiettivo temporale della chiusura delle centrali a carbone le reali località e tipologia/entità delle nuove FER, le procedure per promuovere/definire gli investimenti in nuova generazione e relativi impatti sulla rete, le tempistiche per i permessi e i totali costi effettivi con la loro attribuzione a chi e come li pagherà.

  • Buone notizie dal vento: 60 GW di capacità

    Il secondo miglior anno per la storia dell’eolico mondiale: 60,4 GW sono stati installati a livello globale nel 2019, con un aumento del 19 per cento rispetto al 2018. È quanto emerge dal 15° rapporto Global Wind Report 2019 curato dal Global Wind Energy Council (GWEC). La capacità totale raggiunge quota 651 GW, con un aumento del 10 per cento sul 2018. Cina e Stati Uniti guidano la classifica dei più grandi mercati eolici onshore e insieme rappresentano oltre il 60 per cento della capacità installata nel 2019. L’eolico offshore gioca un ruolo sempre più importante, registrando un record di 6,1 GW nel 2019 (il 10 per cento delle nuove installazioni). “Nonostante il settore continui a registrare una crescita costante - ha dichiarato Ben Backwell, CEO di GWEC - quando si parla di transizione energetica e di obiettivi climatici non siamo ancora dove dovremmo essere. Se vogliamo avere qualche possibilità di raggiungere i target dell’Accordo di Parigi, dovremo installare almeno 100 GW di eolico ogni anno nel prossimo decennio, e arrivare a 200 GW l’anno dopo il 2030”. Il 2020 avrebbe dovuto essere un altro anno record per l’energia eolica: il report del GWEC prevedeva infatti il traguardo di 76 GW di nuova capacità. Tuttavia, gli impatti della pandemia di COVID-19 sull’economia globale, sui mercati dell’energia e su quello specifico dell’eolico sono ancora sconosciuti. Sarà necessario rivedere a breve le previsioni 2020-2024 e pubblicare una prospettiva aggiornata nel secondo trimestre 2020.

  • Il Piemonte entra in Lombardia con la gestione del calore da biomassa

    Le tre centrali di TCVVV - Teleriscaldamento Coogenerazione Valtellina Valchiavenna Valcamonica situate a Tirano, Sondalo e Santa Caterina Valfurva (SO) passano a CogenInfra. Il Gruppo piemontese ha infatti acquisito il 71 per cento delle azioni della società TCVVV e gestisce ora sei sistemi di teleriscaldamento tra Lombardia e Piemonte, con 111 GWh complessivi di calore distribuito. Le tre reti lombarde, alimentate da caldaie a biomassa, servono complessivamente 1.240 clienti; è già stata programmata per la primavera 2021 l’estensione della rete a Tirano e l’ammodernamento della centrale di Sondalo. Oltre alle tre reti acquisite da TCVV, CogenInfra gestisce già le centrali di Mondovì e di Borgaro Torinese. “Il nostro approccio - ha dichiarato Ilaria Cannata, presidente del Consiglio di gestione di CogenInfra - è quello di ottimizzare gli impianti che acquisiamo, con lo scopo di renderli più competitivi e sostenibili, e consolidare il frammentato mercato italiano del teleriscaldamento creando un nuovo attore nazionale del settore”.

  • Idrogeno verde, opportunità di crescita per l’Irlanda del Nord

    Nel giugno 2019 il Regno Unito è stata la prima grande economia a impegnarsi per una riduzione del 100 per cento delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2050 e, di conseguenza, anche l’Irlanda del Nord ha sviluppato una nuova strategia per rimodellare il proprio mix energetico in un’ottica di decarbonizzazione. Ora la piccola nazione, che ha prodotto nell’ultimo anno il 48 per cento dell’elettricità da fonti rinnovabili, punta anche allo sviluppo dell’idrogeno verde. “L’Irlanda del Nord – ha dichiarato Diane Dodds, Ministro dell’economia nordirlandese – grazie alle proprie risorse eoliche e alle nuove tecnologie può avere un importante potenziale nella produzione di idrogeno verde”. Durante un incontro con alcuni industriali del settore, il ministro ha inoltre affermato che l’idrogeno creerà l’opportunità per nuovi posti di lavoro che a loro volta sosterranno una crescita economica a zero emissioni di carbonio. Già quest’anno la società Bamford Bus sta consegnando nuovi autobus con celle a combustibile alimentate da idrogeno verde prodotto da un parco eolico locale, mentre una joint venture tra le società energetiche CPH2 e B9 Energy prevede di produrre una nuova versione brevettata di elettrolizzatori, fondamentali per tutti i progetti sull’idrogeno verde.

  • Massachusetts: raddoppia la capacità solare

    Lo Stato americano del Massachusetts si è impegnato a generare entro il 2030 il 50 per cento del proprio fabbisogno di elettricità da fonti energetiche rinnovabili attraverso il programma SMART. A supporto di questo importante obiettivo è stato recentemente introdotto il Clean Peak Energy Standard, che fornisce incentivi a supporto di quelle tecnologie green che contribuiscano a soddisfare la domanda energetica nei periodi di picco stabiliti dal DOER, il Massachusetts Department of Energy Resources. Il Dipartimento, che è un’agenzia dell’Executive Office of Energy and Environmental Affairs (EEA), ha inoltre pubblicato un aggiornamento normativo - definito Emergency Regulation - per sviluppare ulteriormente il cosiddetto programma SMART, Solar Massachusetts Renewable Target, creato per incentivare e promuovere l’energia solare. SMART è un programma di incentivazione originariamente previsto per un totale 1.600 MW. La nuova regolamentazione, che ha effetto immediato, prevede che la capacità solare supportata venga raddoppiata, passando da 1,6 GW a 3,2 GW. I progetti ammissibili dovranno essere interconnessi da una delle tre società di servizi presenti in Massachusetts: Eversource, National Grid e Unitil.

  • Australia, il solare vira verso i “grandi impianti”

    A settembre 2019 l’Australia contava oltre 2,2 milioni di impianti fotovoltaici, con una capacità combinata di 13.904 MW, la maggior parte proveniente da installazioni sul tetto. Ma tutto questo sta per cambiare... Nel Paese l’energia dal sole contribuisce già per oltre il 5 per cento della produzione di elettricità australiana. A settembre 2019 l’Australia contava oltre 2,2 milioni di impianti fotovoltaici, con una capacità combinata di 13.904 MW; il 25 per cento di questa capacità era stata installata nei 12 mesi precedenti. Tuttavia la maggior parte della generazione solare del Paese proviene da installazioni domestiche: nel 2018 due milioni di famiglie australiane hanno installato pannelli solari sul tetto. Ma tutto questo sta per cambiare. L’Australia sta ora investendo in diversi schemi di impianti di grande capacità. Si noti, in particolare, che il gigante olandese del petrolio e del gas Royal Dutch Shell intende costruire un suo primo impianto solare su scala industriale proprio in Australia. L’impianto, di potenza pari a 120 MW e composto da circa 400.000 pannelli, sarà realizzato a Wandoan nello Stato del Queensland e dovrebbe entrare in esercizio all'inizio del 2021.

  • Irlanda, un fallimento le politiche sulla mobilità

    Nell'ambito delle valutazioni periodiche che l'OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) effettua sulle prestazioni ambientali dei Paesi membri, An Tasice (the National Trust for Ireland), un'organizzazione benefica che si propone di preservare e proteggere il patrimonio naturale dell'Irlanda, ha presentato un rapporto sulla politica dei trasporti in Irlanda negli ultimi dieci anni. Il report in particolare sottolinea l'incapacità del governo irlandese di raggiungere quegli obiettivi di trasporto sostenibili previsti dal Piano del 2009 Una nuova politica dei trasporti in Irlanda, che rappresenta quindi un grave fallimento delle politiche pubbliche. An Taisce ha messo in evidenza numerosi obiettivi che i vari governi succedutisi nel corso degli anni non sono riusciti a raggiungere, quali quello di ridurre i viaggi legati al lavoro, ottenere un calo del 20 per cento del pendolarismo automobilistico e garantire che le distanze percorse dalle auto entro il 2020 non aumentassero significativamente rispetto ai livelli del 2009, con una conseguente diminuzione delle emissioni. Le emissioni di gas a effetto serra dei trasporti sono diminuite invece solo del 7 per cento dall'anno di riferimento UE 2005 per le emissioni nazionali e la percentuale di viaggi in auto per lavoro e' addirittura aumentata. "E' l'effetto - ha dichiarato Ian Lumley, An Taisce Advocacy Officer - della mancanza di una visione globale del problema e di decenni di politiche fallimentari".

  • Al via in Australia uno dei più grandi test per il V2G

    In un sistema elettrico sempre più alimentato da energie rinnovabili, la capacità di accumulo delle batterie delle auto elettriche può dare un fondamentale supporto sia all'ottimizzazione dei flussi di energia, sia al bilanciamento complessivo del mercato. In questo scenario il Governo territoriale di Canberra (ACT), in Australia, ha dato il via al progetto Realizing Electric Vehicle-to-Grid Services (REVS) in collaborazione con la multiutility ActewAGL. Con un finanziamento di 2,4 milioni di dollari da parte dell'Agenzia australiana per le energie rinnovabili (ARENA), il progetto si propone di testare e sviluppare la tecnologia V2G, che consente ai veicoli elettrici di fornire sia elettricità alla rete sia servizi per migliorare la sicurezza della stessa. Il test - uno dei più importanti finora realizzati - vedrà l'utilizzo di 50 Nissan Leaf da parte dei dipendenti delle strutture governative di Camberra, che forniranno servizi ausiliari di controllo della frequenza (FCAS) al mercato nazionale dell'energia elettrica (NEM); sarà la prima volta che una flotta di veicoli che utilizza caricabatterie bidirezionali fornirà FCAS al NEM. I risultati di questa prova contribuiranno a supportare le future scelte di approvvigionamento dei gestori di flotte del settore pubblico e privato. I dati della sperimentazione permetteranno all'ANU di programmare una tabella di marcia per arrivare alla commercializzazione della tecnologia V2G per tutte le parti interessate. "ARENA e' focalizzata sulla commercializzazione di tecnologie che possono aiutare l'integrazione dei veicoli elettrici nel sistema - ha dichiarato Darren Miller, CEO di ARENA - e il V2G, data la sua capacita' potenziale di fornire servizi simili a quelli delle batterie domestiche, può trasformare un veicolo in un dispositivo che genera entrate per i consumatori, attraverso l'accesso ai mercati dell'energia e dei servizi di rete, e che fornisce soluzioni energetiche per la rete stessa".

  • Un comitato per aumentare la produzione di petrolio in Sud Sudan

    Dopo la guerra civile e la formazione del nuovo governo, da un paio di anni il Sudan e il Sud Sudan stanno già collaborando per riparare i pozzi danneggiati e aumentare la produzione dei campi dell’Alto Nilo. Il Ministro del petrolio del Sud Sudan, Puok Kang Chol, ha incontrato a Khartum - capitale del Sudan - rappresentanti del governo sudanese per concordare di formare un comitato tecnico congiunto per riprendere la produzione di petrolio nello Unity State, nel Sudan del Sud, in modo da poter tornare a produrre circa 350.000 barili/giorno, come prima della guerra civile. Nella sua visita, il ministro è stato accompagnato da Hisham Satti, direttore generale sudanese del Dipartimento per l’esplorazione petrolifera presso il ministero dell’Energia e delle miniere, che ha dichiarato come il suo governo sia determinato a compiere gli sforzi necessari per rafforzare la partnership strategica con il Sud Sudan e superare gli ostacoli che devono affrontare le aziende che operano nei due Paesi. Il Sud Sudan, che attualmente produce 170 mila barili di petrolio/giorno, si ritiene disponga di riserve pari a 3,5 miliardi di barili di petrolio, gran parte ancora da esplorare.

  • Nel New Mexico via alla dismissione della centrale a carbone

    Nel percorso di decarbonizzazione avviato anche negli Stati Uniti, l’azienda elettrica pubblica statunitense PNM (Public Service Company of New Mexico) ha annunciato il progetto per la sostituzione della centrale a carbone di San Juan, che terminerà il suo funzionamento nel giugno 2022 in accordo con il New Mexico Energy Transition Act. Per sostituire l’energia prodotta con il combustibile fossile, i piani della società prevedono 350 MW di solare, 280 MW da gas naturale e 130 MW di accumulo, per un totale di quasi 1 GW di nuova capacità. “Il piano di sostituzione di San Juan - ha dichiarato in una nota Pat Vincent-Collawn, CEO di PNM - non solo farà risparmiare denaro ai clienti, ma vedrà la nascita di uno dei più grandi impianti solari degli Stati Uniti e una delle più alte percentuali di accumulo a batterie di tutto il Paese”. PNM e Texas New Mexico Power (TNMP), che fanno parte di PNM Resources, hanno una capacità di generazione di circa 2.761 MW e forniscono elettricità a circa 790.000 abitazioni e aziende in New Mexico e in Texas.

  • La Grecia accelera su e-mobility

    In occasione della giornata mondiale dell'ambiente, il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis ha anticipato l'intenzione del suo Governo di dare impulso allo sviluppo di una mobilità elettrica anche in Grecia. Il piano preannunciato prevede lo stanziamento iniziale di 100 milioni di euro sotto forma di incentivi per l'acquisto di veicoli elettrici. Questi incentivi, previsti sia per i privati che per le aziende, avranno inizialmente una durata di 18 mesi. L'obiettivo - invero molto ambizioso - è quello di avere entro il 2030 un'auto alimentata a energia elettrica ogni tre veicoli circolanti. Attualmente in Grecia sono solo 1.000 le auto elettriche circolanti, lo 0,3 per cento di quelle immatricolate. "L'incentivo coprirà circa il 25 per cento dell'acquisto di 14 mila nuove auto elettriche - ha affermato Mitsotakis - che inoltre non pagheranno alcuna tassa di circolazione per due anni". Tra le agevolazioni fiscali previste, le spese per la ricarica saranno deducibili dall'imposta sul reddito. Le misure adottate riguarderanno anche lo sviluppo e la diffusione delle infrastrutture di ricarica, specialmente nei condomini.

  • C’è l’idrogeno nel futuro del teleriscaldamento

    Il teleriscaldamento rappresenta un valido alleato nel risparmio di CO2 all’interno dei centri abitati e nell’incremento della capacità di generazione green, in linea con la politica energetica contenuta nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima. Il lockdown ha infatti mostrato come il traffico veicolare non sia l’unico responsabile dell’inquinamento dell’aria. “Il teleriscaldamento può essere una risposta al problema” dichiara a Nuova Energia Ilaria Cannata, presidente del Consiglio di gestione di CogenInfra, società che ha acquisito il 71 per cento delle azioni della società di teleriscaldamento di Valtellina, Valchiavenna e Valcamonica, diventandone l’azionista di maggioranza. “Per sua natura il teleriscaldamento consegna agli edifici riscaldati da questa tecnologia il prodotto finito, cioè il calore, senza agenti inquinanti e gas serra, ed eliminando completamente la necessità di acquistare una nuova caldaia ogni 10-12 anni. Inoltre, le tecnologie di miglioramento dell’ambiente con il teleriscaldamento sono tutte concentrate sulla centrale, quindi facilmente monitorabili e regolabili dalle Autorità”. CogenInfra ha deliberato investimenti per oltre 4,5 milioni di euro per interventi di rinnovamento e revamping delle centrali e per l’estensione delle reti gestite. Ma cosa serve al settore per far emergere appieno il suo potenziale in Italia? “Serve coraggio da parte del Governo, sia nazionale che locale - conclude Ilaria Cannata - affinché si affermi nei contesti urbani la tecnologia del teleriscaldamento, che non ha eguali in termini di efficienza, sicurezza e sostenibilità e che si presta a ospitare e integrare facilmente le tecnologie del futuro come l’idrogeno”.

  • RSE testa l’ibrido di FCA

    Nell’ambito di un recente accordo con FCA Fiat Chrysler Automobiles, i ricercatori di RSE (Ricerca sul Sistema Energetico) hanno intrapreso un lungo viaggio attraverso il nostro splendido – ma non sempre infrastrutturato – Paese, per testare una nuova vettura ibrida plug-in di FCA, la Jeep Renegade 4xe. RSE ha infatti avuto l’affido temporaneo di due vetture, al fine di poter valutare le loro funzionalità e condividerle con i tecnici FCA. Le due Jeep Renegade 4xe sono gestite una come veicolo aziendale in pool e una in uso promiscuo; in questo modo sarà possibile valutare le caratteristiche tecniche e le prestazioni, analizzare i consumi su diverse tipologie di percorsi, con valutazione di fattori come l’autonomia in elettrico, la sua variazione secondo i differenti percorsi, le condizioni climatiche e il carico del veicolo, oltre alla possibilità di utilizzo con il serbatoio del carburante vuoto. Il test effettuato ha portato la Jeep Renegade 4xe lungo tutta la Penisola, percorrendo un totale di 4.058 km durante i quali sono state testate tutte le modalità di trazione permesse dall’auto: ibrida, elettrica ed E-save, che preserva la carica della batteria. I progetti sulla mobilità sostenibile in corso da parte di RSE per la Ricerca di Sistema inquadrano infatti gli approfondimenti tecnologici sulla propulsione elettrica in uno scenario di decarbonizzazione. “Con questo viaggio – afferma Gianemilio Ardigò, che ha portato la Jeep Renegade 4xe in giro per l’Italia - possiamo dire di aver finalmente testato tutto il nostro territorio; molte lacune restano, ma l’attenzione che ha riscosso la nostra iniziativa e la vettura ibrida plug-in è un segnale positivo per lo sviluppo della mobilità sostenibile e per una sempre maggiore consapevolezza dei vantaggi portati all’ambiente”.

  • Re Rebaudengo: “La strada per la transizione energetica? Condivisione e semplificazione”

    Agostino Re Rebaudengo, neo presidente di Elettricità Futura – un unicum fra le associazioni, poiché rappresenta produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili e convenzionali – risponde all'intervista cover. Sull’ultimo numero di Nuova Energia, attualmente in distribuzione, con piglio piemontese Re Rebaudengo spiega come ora più che mai la decarbonizzazione costituisce la condizione irrinunciabile per la ripresa economica dell’Unione Europea e dell’Italia e per ridare slancio e fiducia a cittadini e imprese. “Il Green Deal, secondo le prime stime – spiega Re Rebaudengo - potrà infatti mobilitare da qui al 2030, nel solo settore elettrico, fino a 100 miliardi di euro di investimenti complessivi e 50.000 nuovi occupati permanenti. Una sfida sostenibile, quindi, non solo dal punto di vista ambientale ma anche economico e sociale”. “Certo – continua il Presidente di Elettricità Futura - se non vogliamo rimanere incatenati in una fase di depressione secolare per il nostro Paese, dobbiamo avere velocità di esecuzione e adottare in tempi brevi le opportune e coerenti misure per favorire la transizione energetica”. E proprio una cabina di regia e una semplificazione attuativa è quello di cui ora l’Italia ha maggiore bisogno. “Solo se il nuovo scenario di decarbonizzazione sarà davvero condiviso dal Governo e da chi deve rilasciare le autorizzazioni – chiarisce e auspica Re Rebaudengo - e si instaurerà un atteggiamento di generale favor per i progetti green, riusciremo a cogliere l’incredibile opportunità di lavoro e di salvaguardia dell’ambiente”.

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