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- COVID-19: Waste-to-Energy per la salute
L’incenerimento dei rifiuti, grazie alle alte temperature, distrugge in modo sicuro virus e altri agenti patogeni ed è fondamentale per ridurre i rischi. Quello della gestione dei rifiuti è un settore che fornisce un servizio essenziale per la nostra società, come ha ribadito in questi giorni il commissario europeo per l’ambiente Virginijus Sinkevičius, in occasione della pubblicazione di una guida sul trasporto dei rifiuti nel contesto della diffusione del COVID-19. Al fine di proteggere la salute pubblica in questi tempi di pandemia, l’incenerimento fa parte a pieno titolo dell'infrastruttura critica a disposizione degli Stati membri per garantire il miglior trattamento possibile dei rifiuti contaminati che non possono essere riciclati. Inoltre, alcuni istituti di virologia governativi come il Robert-Koch-Institute tedesco affermano che il trattamento termico dei rifiuti infetti è obbligatorio. Anche ai dipendenti del settore dei rifiuti dovrebbe essere riconosciuto lo status di “lavoratore chiave”, poiché svolgono compiti essenziali durante l’attuale epidemia. La tecnologia Waste-to-Energy distrugge in modo sicuro il virus senza mettere in pericolo la salute dei lavoratori; i rifiuti sono immessi direttamente nel forno, evitando ogni contatto umano con il materiale contaminato. Secondo l’associazione CEWEP (Confederazione europea degli impianti di termo valorizzazione) “questa crisi dimostra ancora una volta quanto sia importante un approccio integrato alla gestione dei rifiuti, in cui ogni flusso deve trovare il modo più sostenibile di trattamento senza mettere in pericolo la salute umana o l’ambiente”. “Durante questi periodi straordinari - conclude la CEWEP - resta di fondamentale importanza che i flussi di rifiuti non contaminati continuino a essere separati e riciclati il più possibile, seguendo correttamente le raccomandazioni degli istituti di virologia”.
- I vulcani hanno cambiato il clima nel Triassico?
Da tempo si ritiene che l’estinzione che ha colpito gran parte degli esseri viventi 200 milioni di anni fa sia stata causata da drammatici cambiamenti climatici e dall’innalzamento del livello del mare. Un’attività vulcanica su larga scala, nota come eruzione della Provincia Magmatica dell’Atlantico centrale, generò nell’atmosfera livelli altissimi di anidride carbonica. Uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Nature Communications, condotto da un gruppo di ricerca internazionale coordinato dal professor Don Baker, ordinario di Scienze della Terra e del Pianeta alla McGill University di Montreal in Canada, sostiene che proprio l’attività vulcanica ha contribuito al devastante cambiamento climatico, possibile causa dell’estinzione di massa, a seguito del rilascio in atmosfera di livelli molto elevati di CO2 . Le prove sono state scoperte dal team di ricerca del professor Baker analizzando delle “bolle” di anidride carbonica intrappolate nelle rocce vulcaniche risalenti alla fine del Triassico. Da queste analisi i ricercatori hanno inoltre rilevato che la quantità di anidride carbonica rilasciata dall’attività vulcanica nell’atmosfera in quel periodo è paragonabile alla quantità di CO2 che si prevede sarà prodotta da tutta l’attività umana nel 21° secolo.
- Una Piattaforma web per “parlare” al territorio
Uno dei problemi che spesso le aziende che investono in impianti rinnovabili si trovano ad affrontare è l’accettabilità delle installazioni da parte delle comunità locali. Un aiuto per informare e spiegare i progetti alla popolazione interessata può arrivare dalla tecnologia e dalla digitalizzazione, con sistemi “aperti” che dialogano con i cittadini. Una Piattaforma espositiva pubblica virtuale online è stata ora lanciata dall’azienda energetica tedesca RWE per portare a conoscenza del pubblico il nuovo progetto del Parco eolico offshore Dublin Array, una installazione da 900 MW a circa 10 km dalla costa irlandese. Questa Piattaforma online, che fornisce dettagli completi sul parco eolico, le attività in corso, i potenziali vantaggi per il business, vuole proprio rappresentare uno strumento per un significativo scambio di informazioni con le comunità locali, e può essere utilizzata dal pubblico quale strumento per interagire in modo informale con l’azienda. Parlando di sostenibilità ambientale e accettabilità sociale, anche in Italia è innovativa la proposta della multiutility LGH, che con la sua piattaforma web OpenReportTM comunica la sostenibilità del Gruppo in modo dinamico e interattivo grazie all’aggiornamento in itinere delle performance sociali, economiche e ambientali. Accessibile da tutti i device, questo strumento apre nuovi spazi di conoscenza, fiducia e partecipazione, facendo crescere il rapporto tra azienda e territorio.
- Al via in Africa il progetto Green Mini Grid
In Gambia il 55 per cento della popolazione non ha accesso all’elettricità e il Piano di sviluppo nazionale (NDP) ha come obiettivo primario proprio una fornitura elettrica affidabile, economica, efficiente e rispettosa dell’ambiente. In quest’ottica il Ministero del petrolio e dell’energia dello Stato africano sta implementando, con il sostegno del Fondo per l’energia sostenibile per l’Africa (SEFA), il Programma di sviluppo delle mini reti verdi (Green Mini Grid, GMG). La prima parte del progetto riguarda la preparazione di una strategia politica e la stesura di regolamenti per promuovere lo sviluppo GMG in Gambia. Il secondo step dovrà invece supportare lo sviluppo del progetto attraverso studi di fattibilità presso potenziali siti e attrarre investitori. “Nell’ambito della nostra strategia nazionale per l’accesso universale all’elettricità - ha dichiarato Fafa Sanyang, Ministro del petrolio e dell’energia - il governo del Gambia ha fissato l’obiettivo di connettere un terzo della popolazione rurale attraverso soluzioni off-grid entro il 2030, principalmente attraverso mini-reti verdi e sistemi domestici autonomi”. “Tuttavia - ha continuato Fafa Sanyang - questo obiettivo non può essere raggiunto prontamente senza creare un contesto politico favorevole per stimolare gli investimenti pubblici e privati, mettendo in atto un quadro normativo efficace e con meccanismi di riduzione del rischio per il settore privato”. Il Gambia, che ha una popolazione di circa due milioni e mezzo di abitanti, produce oggi solo meno del 2 per cento di energia da fonti rinnovabili, grazie al fotovoltaico, e si è posto come traguardo una quota del 50-60 per cento entro il 2030. Se la media africana dell’uso dei combustibili fossili è dell’80 per cento, in Gambia questa quota raggiunge il 98,9 per cento.
- Namibia: una birra carbon neutral
Per una buona birra serve un ottimo malto d’orzo, oltre al luppolo, ma se vuole essere buona anche per l’ambiente deve essere prodotta in modo sostenibile. La Namibia Breweries Limited (NBL), una delle principali aziende produttrici di bevande e birre in Namibia e in Africa meridionale parte del Gruppo O&L Ohlthaver & List, ha messo in funzione una caldaia a biomasse che sostituirà l’80 per cento del fabbisogno termico, soddisfatto fino ad ora con 3.600 tonnellate di olio combustibile che NBL usa ogni anno per i forni. La caldaia, la più grande installata in Namibia, consentirà inoltre di evitare il 28 per cento delle emissioni totali di NBL, contribuendo all’obiettivo del Gruppo O&L di ridurre la propria impronta di carbonio del 20 per cento entro il 2020. Il progetto, che si basa sull’impegno di NBL per le energie rinnovabili, è costato 53 milioni di dollari e prevede che l’energia termica prodotta venga utilizzata non solo per il processo di produzione della birra ma anche per altri usi aziendali minori. La caldaia utilizzerà cippato di legno e NBL ha ottenuto l’approvazione dal Ministero dell’Agricoltura, dell’Acqua e delle Foreste della Namibia per la raccolta di cespugli invasivi, liberando così la terra per usi alternativi e migliorando la capacità di resa delle fattorie.
- GERD: una diga piena di…diatribe
Fin dall’inizio dei lavori per sua costruzione, nel 2011, la Grand Ethiopian Renaissance Dam (GERD) è stata al centro di diverse diatribe tra i Paesi promotori del progetto: Egitto, Sudan ed Etiopia. Ora, dopo gli accordi del 2015 che avevano temporaneamente risolto le controversie, sembra che gli attuali negoziati siano riusciti a portare alcuni importanti risultati tanto che, finalmente, si possa prevedere in tempi non lunghi il raggiungimento di un accordo vincolante. La Grand Ethiopian Renaissance Dama è la più grande diga africana; lunga 1.800 metri, alta 170 m e con un volume complessivo di 10,4 milioni di m3, il progetto è stato affidato alla società italiana Salini e ha un costo stimato di 37 miliardi di euro. La diga ha due centrali elettriche con una potenza installata totale di 6.000 MW e una produzione stimata di 15.000 GWh all’anno, e contribuirà ad evitare l’emissione di 2 milioni di tonnellate di CO2 all’anno. La disputa sulla GERD, il cui contenzioso principale riguarda la velocità di riempimento del bacino, è solo l’ultimo e più intenso confronto diplomatico sull’uso delle acque del fiume Nilo. Sarà ora compito dell’Unione Africana cercare di prevenire futuri conflitti aiutando i Paesi in causa a raggiungere un accordo globale, a livello di bacino, sulla sua gestione e su un uso equo delle acque.
- L’Australia sempre più carbon free
Nell’ultimo Quarterly Carbon Market Report, il rapporto trimestrale pubblicato dal regolatore australiano Clean Energy Regulator, l’Australia è avviata a raggiungere uno straordinario 6,3 GW di nuova capacità di energia rinnovabile nel 2020 grazie soprattutto al contributo del solare sui tetti. Nel secondo trimestre del 2020 sono stati infatti installati 677 MW di impianti fotovoltaici di piccola scala, con un aumento dell’11 per cento rispetto al primo trimestre del 2020 e del 41 per cento in più rispetto al secondo trimestre del 2019. A giudizio di David Parker, presidente del Clean Energy Regulator, la nuova capacità di energie rinnovabili su larga scala, che ha già raggiunto i 2 GW in questi primi sei mesi, potrà arrivare a circa 3,4 GW entro la fine dell’anno. Si sono inoltre registrati ben 43 nuovi progetti nell’ambito del Fondo per la riduzione delle emissioni, che dovrebbe raggiungere i 54 milioni di tonnellate di emissioni evitate di CO2 nel 2020, rispetto ai 48 del 2019. Globalmente gli investimenti nelle energie rinnovabili, sia su piccola che su larga scala, hanno superato ogni aspettativa e hanno accresciuto il loro peso nell’economia australiana.
- Slovenia: energia da scarto a risorsa
A Lubiana diventa energia in eccesso di una azienda, attraverso il riutilizzo del calore che altrimenti verrebbe rilasciato e disperso nell’ambiente. Il tutto in un’ottica di economia circolare. Verrebbe da dire la scoperta dell’acqua calda… Peccato che ancora una volta l’esempio ci giunga da (poco oltre) confine. È infatti la società Energetika Ljubljana, che gestisce la più grande rete di teleriscaldamento della capitale slovena fornendo calore a 64.700 edifici, che ha stretto un accordo con la farmaceutica Lek (Novartis) per sfruttare il calore in eccesso che l’azienda non può più utilizzare nei suoi processi ma che, in virtù della temperatura elevata mantenuta, può essere utilmente impiegato nel sistema di teleriscaldamento. Il progetto, ideato nel 2018 e ora in funzione, permetterà una riduzione sia del consumo di carburante, contribuendo a una riduzione delle emissioni di CO2 di 1.000 tonnellate/anno, sia del consumo di acqua di entrambi i partner, per complessivi 50.000 metri cubi. Il calore di scarto, sotto forma di condensa di vapore, consente a Energetika Ljubliana di riscaldare e fornire acqua calda sanitaria a circa 300 appartamenti.
- Da Genova a Venezia salpa la “Monte Bianco” tutta italiana
Con una potenza di 760 MW, una temperatura di ingresso di 1.500 gradi e oltre 520 tonnellate di peso, la nuova turbina GT36 di Ansaldo Energia è la più potente e performante mai costruita in Italia. Nonostante le restrizioni imposte dalla pandemia non abbiano consentito la realizzazione di un evento classico, i pochi presenti nello stabilimento di Genova e i molti partecipanti digital non hanno potuto nascondere la grande emozione per la presentazione della nuova turbina a gas di Ansaldo Energia. Prodotta per l’impianto a ciclo combinato di Marghera di Edison, la nuova turbina a gas di classe H di Ansaldo Energia è la più potente e performante mai realizzata in Italia. Costruita interamente nello stabilimento di Genova, la “Monte Bianco” - così è stata ribattezzata per la sua potenza - consentirà un rendimento energetico pari al 63 per cento, un abbattimento delle emissioni di CO2 del 40 per cento rispetto alla media del parco termoelettrico italiano e di oltre il 70 per cento per quanto riguarda l’ossido di azoto (NOX). Grazie a queste performance, quello di Edison diventerà così l’impianto termoelettrico più efficiente d’Europa. “Siamo un’azienda abituata a parlare con i fatti e con i numeri”, ha esordito Giuseppe Marino, amministratore delegato di Ansaldo Energia. “Ne do alcuni: questa turbina ha una potenza di 760 MW, può fornire energia a oltre 250.000 abitazioni, la temperatura di ingresso è di oltre 1.500 gradi, è lunga 13,4 metri e pesa oltre 520 tonnellate”. “Ci sono voluti 3 milioni e 700 mila ore di ingegneria - ha aggiunto l’ingegner Marino - per realizzare un progetto che ha coinvolto 250 fornitori su tutto il territorio nazionale, ha previsto accordi con oltre 40 università e centri di ricerca e ha comportato un investimento di oltre 600 milioni di euro.” Una ulteriore dimostrazione che per fare investimenti di tale portata serve la capacità di fare sistema per vincere una competizione sempre più aggressiva. Sono pochi i Paesi al mondo capaci di realizzare un prodotto come questo - Stati Uniti, Germania, Giappone - e tra questi pochi c’è, con orgoglio, anche l’Italia. Queste tecnologie hanno soprattutto bisogno di un cliente - come Edison - con una visione strategica molto avanzata e che creda nel prodotto. “Sono emozionato anche io - ha dichiarato Nicola Monti, amministratore delegato di Edison - perché questo progetto è frutto di una lunga collaborazione tra due aziende centenarie che hanno sempre avuto la capacità di guardare avanti. Al centro di questo nostro progetto c’è la sostenibilità della produzione e della fornitura elettrica, in pieno accordo con gli obiettivi del Green Deal europeo e del PNIEC”. La GT36 deve ora affrontare una particolare crociera. Con le sue 525 tonnellate - come 500 utilitarie messe insieme - sarà imbarcata su una nave cargo e, circumnavigato lo Stivale per giungere a destinazione, potrà essere installata nella centrale di Marghera.
- Con un poco di zucchero... energia anche per la mobilità
Da rifiuto a risorsa. Si può sintetizzare così il mantra dell’economia circolare. È quello che nel nostro Paese già avviene in molti campi e - fuor di metafora - è ciò che avverrà nei campi (coltivati) dell’Emilia Romagna. Dagli scarti agricoli si otterrà infatti energia verde, grazie a un progetto che vede protagonisti la Regione, Confagricoltura Emilia-Romagna e la Confederazione generale bieticoltori italiani (CGBI). La produzione di biogas e biocarburante per la mobilità di nuova generazione avverrà grazie a impianti con potenza elettrica fino a 300 kW, a partire da sottoprodotti agricoli e reflui zootecnici sviluppati già da diversi anni dalla Confederazione. Come sottolinea Marcello Ortenzi su TeatroNaturale.it, la coltivazione delle barbabietole per produrre biogas e biometano rappresenta una scelta innovativa per ampliare la rotazione agronomica e interrompere la monocoltura a cereali per 1.600 impianti presenti in Italia e alimentati prevalentemente a insilati. La barbabietola, inserita nel processo di digestione anaerobica, offre anche il vantaggio di aumentare la velocità fermentativa della bietola, utilizzando una quantità ottimale della razione, pari al 25-30 per cento. Un’opportunità per tutto il centro-nord Italia per lo sviluppo e il rilancio dell’economia attraverso l’efficientamento energetico e la graduale decarbonizzazione dei trasporti, nell’ambito degli obiettivi prefissati dal Green Deal europeo. “Le proposte delle associazioni vanno nella direzione dell’economia circolare e dell’impiego di sottoprodotti in grado di produrre energia, entrambe direttrici strategiche per la Regione Emilia-Romagna” ha dichiarato Alessio Mammi, assessore regionale all’Agricoltura. “Il settore bieticolo-saccarifero è importante per la rotazione colturale e la produzione dello zucchero; comparto, quest’ultimo, che il nostro Paese deve provare a sostenere. La filiera rientra tra i finanziamenti regionali del Programma di sviluppo rurale, anche attraverso un premio accoppiato che riconosce significativi contributi a ettaro, e potrebbe promuovere l’integrazione del reddito di una fetta importante di imprese agricole del nostro territorio, anche di piccole dimensioni. Occorre quindi continuare a investire”. La Confederazione generale bieticoltori italiani ha alle spalle oltre un secolo di storia. Riunisce le due storiche associazioni nazionali di bieticoltori, ANB e CNB, e affianca più di 5.000 imprese agricole nel percorso di crescita all’interno di efficienti filiere agroalimentari e agroenergetiche (biomasse, biogas e biometano). Da dieci anni valorizza il sottoprodotto della barbabietola da zucchero a fini energetici, che va ad alimentare i 18 impianti biogas aderenti al gruppo, riconoscendo all’associato una integrazione di reddito fino a 5 euro a tonnellata sul prezzo industriale.
- Approda a Savona un nuovo accordo per lo storage
La spinta verso la sostenibilità dello shipping e della portualità passa necessariamente dal finanziamento dell’innovazione e delle infrastrutture. La cronica scarsità di fondi pubblici, resa più drammatica dal fardello della pandemia, rende l’argomento di stretta attualità. Qualcosa però si muove... controcorrente. È stato infatti siglato un accordo tra Falck Renewables - Next Solutions e S.V. Port Service (la società fornitrice di servizi nei porti di Savona e Vado Ligure) per l’analisi e il potenziale sviluppo di soluzioni di accumulo elettrico legato alla gestione delle micro-reti nei due porti. Il progetto prevede l’installazione di un sistema di storage in prossimità della stazione elettrica che alimenta la piattaforma logistica del porto, attraverso il quale è possibile partecipare ai mercati energetici ancillari. “Abbiamo trovato in S.V. Port Service un partner proattivo e consapevole del valore sperimentale della proposta. Si tratta di un progetto che può fare da apripista per lo sviluppo di sistemi di storage nelle sedi portuali” spiega Marco Cittadini, amministratore delegato di Falck Renewables - Next Solutions. La proposta, della durata di 10 anni, prevede soluzioni in grado di potenziare l’offerta dei servizi di rete erogati dal sito e l’ottimizzazione della relativa domanda energetica attraverso una migliore gestione dei carichi in consumo. L’iniziativa è in linea con gli obiettivi di transizione energetica previsti dal Piano nazionale integrato energia e clima (PNIEC), secondo cui la produzione da fonti rinnovabili dovrà più che triplicare entro il 2030, senza però compromettere la stabilità della rete. Questo comporta la necessità di potenziare le soluzioni di storage, utili a garantire l’affidabilità, la sicurezza e la corretta gestione della complessa infrastruttura rappresentata dal sistema elettrico.
- Passante: “E-mobility? Spostiamo il baricentro sull’intera catena dell’energia”
Un numero sempre crescente di città inizia a considerare il vettore elettrico per la propria rete di trasporto. Ma per introdurre questa soluzione nel più ampio e complesso sistema di mobilità urbana non basta acquistare uno o più e-bus, e nemmeno elettrificare un’intera linea o tutta la flotta. Parte da questo spunto l’intervista di Nuova Energia a Filippo Passante, Operating Unit Manager per l’Italia della business unit Grid Integration di Hitachi ABB Power Grids. “Alla mobilità, a maggior ragione se elettrica - afferma Filippo Passante - serve proprio un punto di vista sistemico. E per essere aiutata ad adottare questo criterio, la città o l’azienda che gestisce il trasporto pubblico locale ha bisogno di interlocutori che adottino lo stesso metodo, che abbiano una competenza su tutta la catena integrata dell’energia: come la produci, come la integri, come la eroghi”. “Bisogna partire da una premessa: per affrontare la conversione all’elettrico dei trasporti rapidi di massa - continua Passante - non esiste un’unica tecnologia che vada incontro alle esigenze di ogni gestore di tpl. Perché non tutte le soluzioni vanno bene per tutti. È necessario passare a un approccio più olistico su tutta la catena della mobilità, con una logica di sistema”.
- Energia verde, firmato il più grande PPA bilaterale del Sud America
Prende corpo anche in America Latina la nuova tendenza di fornire energia pulita direttamente alle grandi aziende "energivore", riducendo così la loro impronta di carbonio e i costi di produzione. È stato firmato in Brasile, infatti, il più grande contratto bilaterale di acquisto e vendita di energia solare su larga scala. Il Power Purchase Agreement (PPA) prevede un investimento di 881 milioni di Real brasiliani ed è stato stipulato tra Atlas Renewable Energy e la britannica Anglo American Plc, una delle principali società minerarie globali (nel loro portafoglio ci sono diamanti - attraverso De Beers - rame, metalli del gruppo del platino, minerali ferrosi, carbone e nichel). L’energia verde sarà fornita dagli oltre 800.000 moduli dell’impianto fotovoltaico Atlas Casablanca, nello Stato di Minas Gerais, con una capacità installata di 330 MW. Produrrà energia sufficiente per una città di 1,4 milioni di abitanti, in base al consumo medio di una famiglia brasiliana. A partire dal 2022 l’impianto fornirà 613 GWh, che equivalgono a circa 9 TWh per i 15 anni della durata del contratto. L’accordo è parte della strategia di Anglo American che punta all’utilizzo del 100 per cento di energia rinnovabile per le proprie attività in Brasile a partire dal 2022 e si inserisce nel più ampio Anglo American Sustainable Mining Plan che ha tra gli obiettivi quello di ridurre del 30 per cento le emissioni di CO2 entro il 2030. “Con questa firma e con il contratto per la costruzione di un parco eolico a Bahia sottoscritto lo scorso dicembre - ha dichiarato Wilfred Bruijn, CEO di Anglo American in Brasile - forniremo il 90 per cento della nostra energia da fonti rinnovabili”.
- Isole Færøer, dal mare energia rinnovabile
La compagnia svedese per le energie marine Minesto sta realizzando un progetto di generazione di energia dalle maree nei pressi delle coste delle Isole Færøer. L'arcipelago, a governo autonomo e dipendente dalla Danimarca, è situato tra l’Islanda e la Norvegia, nell’Oceano Atlantico del Nord. Minesto, in collaborazione con la utility francese SEV, principale distributore di energia nell’arcipelago, installerà due convertitori di energia dalle maree, con la propria tecnologia Deep Green, nei pressi di Vestmannasund, uno stretto nella parte nord-occidentale dell’isola. L’accordo prevede che SEV si impegnerà ad acquistare l’elettricità generata fornendo inoltre le infrastrutture necessarie, come la connessione alla rete. L’installazione della prima unità è prevista per il secondo semestre 2020. Il progetto, chiamato Deep Green Island Mode (DGIM), è stato finanziato con 2,5 milioni di euro dalla Comunità Europea e vuole contribuire al raggiungimento dell’obiettivo delle Isole Færøer di produrre il 100% del proprio fabbisogno di energia elettrica da rinnovabili entro il 2030. “Siamo lieti - ha dichiarato Marin Edlund, amministratore delegato di Minesto - dei progressi compiuti nel progetto congiunto, che svolgerà un ruolo significativo nella transizione enrgetica delle Isole Færøer”. Come riconosciuto dalla Commissione Europea, per tutte le isole l’approvvigionamento di energia è costoso, spesso inquinante, inefficiente e dipendente dall'esterno, con impatti negativi significativi sulle emissioni, sulla competitività delle imprese e sull’economia. La tecnologia DGIM può fornire in modo economico elettricità pulita e prevedibile alle comunità insulari e ad altri utenti remoti.
- Transizione energetica, quale ruolo per il nucleare?
Il prossimo decennio sarà cruciale per il settore dell’energia, che giocherà un ruolo fondamentale per raggiungere gli obiettivi globali di decarbonizzazione. Le rinnovabili sono già in campo (e giocano in attacco) ma l’atomo, in questa partita, non starà in panchina. Un’ampia gamma di esperti e organizzazioni ha messo in evidenza, infatti, come il nucleare risulti necessario per assicurare energia elettrica per tutti, nel rispetto dell’ambiente e nella lotta ai cambiamenti climatici. “L’energia nucleare può svolgere un ruolo importante nella transizione energetica”: non lo dice un’associazione di parte o un club di nuclearisti incalliti, lo scrive l’International Energy Agency. Secondo il report IEA Nuclear Power in a Clean Energy System, pubblicato a maggio 2019, “nelle economie avanzate l’energia nucleare oggi rappresenta il 18 per cento della generazione ed è la più grande fonte di elettricità a basse emissioni di carbonio”. Tuttavia, la sua quota è diminuita negli ultimi anni poiché il parco impiantistico nucleare sta invecchiando, l’aggiunta di nuova capacità è ridotta al minimo e alcuni impianti costruiti negli anni ‘70 e ‘80 sono stati fermati. “Tutto questo – continua la IEA – ha rallentato la transizione verso un sistema elettrico pulito. Frenare la discesa del nucleare sarà vitale per aumentare il ritmo della decarbonizzazione nella fornitura di elettricità”. Per seguire una traiettoria coerente con gli obiettivi di sostenibilità – compresi quelli climatici globali – la crescita dell’energia elettrica da fonti “pulite” dovrebbe essere tre volte più veloce rispetto a oggi: l’85 per cento dell’elettricità globale entro il 2040, rispetto al solo 36 per cento di oggi. Dunque, conclude il report IEA, “insieme a ingenti investimenti in efficienza e nelle rinnovabili, ci sarebbe bisogno di un aumento dell’80 per cento della produzione globale di energia da fonte nucleare entro il 2040 per sostenere tale andamento”. Insomma, senza investimenti nel nucleare, realizzare un sistema energetico sostenibile sarà molto più difficile (e costoso). Certo non impossibile, ma richiederà uno sforzo straordinario.