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  • Biogas, in Catalogna 80 milioni in 5 anni per nuovi impianti

    Economia circolare ed efficienza energetica sono due dei pilastri alla base della transizione energetica della UE, per ridurre il consumo di risorse e le emissioni climalteranti. In questo senso, un ruolo di primo piano può essere svolto dal biogas. La sua produzione valorizza rifiuti organici e sottoprodotti agricoli, riducendo la quantità di scarti destinati alle discariche, e il suo utilizzo contribuisce a ridurre le emissioni di CO2. In questo contesto la Generalitat de Catalunya, il governo della regione autonoma spagnola, ha annunciato un nuovo bando a favore del biogas. Il Dipartimento per l’Azione Climatica, l’Alimentazione e l’Agenda Rurale (DOCG) metterà a disposizione 46 milioni di euro per la realizzazione di impianti per la produzione di biogas in aziende agricole di piccole e medie dimensioni. Il bando fa parte della Estratègia Catalana de biogàs 2024-2030, che destina 80 milioni di euro nei prossimi 5 anni. Il DOCG prevede che si potranno così realizzare 80 nuovi impianti nella regione, per arrivare a 150 nel 2030 e triplicare la produzione di biogas, consentendo di ridurre le emissioni di CO2 di almeno 350.000 tonnellate ogni anno. La strategia mira a promuovere la valorizzazione dei reflui zootecnici e dei rifiuti organici per ottenere biogas da utilizzare per la generazione di calore, di energia elettrica, di biometano e biofertilizzanti. Attualmente in Catalogna, una delle regioni europee con la maggiore disponibilità di risorse, sono 72 gli impianti in funzione.

  • Fotovoltaico galleggiante, in Turchia inaugurato il primo impianto pilota

    Per traguardare gli obiettivi di decarbonizzazione e installare nuova capacità rinnovabile e produrre energia verde i classici impianti sulla terraferma non bastano più. Per questo sono allo studio soluzioni sempre più tecnologiche e innovative, come l’eolico offshore flottante, l’agrivoltaico e il fotovoltaico galleggiante. In Turchia, la Direzione Generale dei Lavori Idraulici Statali (DSI) ha annunciato di aver messo in funzione un impianto fotovoltaico galleggiante da 1 MW nel bacino della diga di Keban, nella provincia di Elazığ, in Anatolia orientale. L’impianto pilota, il primo nel suo genere nel Paese, è composto da 1.840 pannelli e si stima possa produrre 1,8 GWh l’anno. Il parco solare galleggiante, da 2,2 milioni di euro, è integrato con una centrale onshore da 2 MW, composta da 5.028 pannelli posati su una superficie di 1,5 ettari, che potrà produrre ogni anno 4,2 GWh. Una vota in funzione, il sistema fornirà circa la metà dell’energia necessaria per irrigare 5.000 ettari di terreni coltivati, con una riduzione del 40 per cento dei costi per gli agricoltori. In Turchia ci sono 944 dighe, escludendo quelle per l’acqua potabile, per una superficie totale dei bacini artificiali di 5.300 chilometri quadrati. Secondo il DSI, coprirne il 10 per cento con pannelli solari consentirebbe di aggiungere 53 GW di capacità rinnovabile ed eviterebbe l’evaporazione di 540 milioni di metri cubi di acqua  ogni anno. Proprio in previsione di uno sviluppo del settore, la Turchia sta per introdurre una legislazione per regolare gli impianti solari galleggianti.

  • Rifiuti, la Romania stanzia 220 milioni di euro per 26 impianti di riciclo

    Efficienza delle risorse ed economia circolare sono al centro delle strategie della UE per uno sviluppo sostenibile che minimizzi gli sprechi e valorizzi gli scarti. In questo contesto, la Romania ha annunciato sovvenzioni per 220 milioni di euro, previsti dai fondi del PNRR, per la costruzione di nuovi impianti di riciclo dei rifiuti. Secondo il Ministero dell’Ambiente rumeno, questo intervento permetterà di migliorare il sistema di gestione dei rifiuti, caratterizzato da bassi volumi di raccolta differenziata, e finanziare la costruzione di 26 nuovi impianti. I sussidi potranno coprire fino al 75 per cento dell’importo totale e fino a un massimo di 8,4 milioni di euro per progetto. I costi ammissibili sono quelli relativi alla costruzione degli edifici con le relative attrezzature, l’acquisto e l’assemblaggio di macchinari, impianti e attrezzature. I progetti selezionati dovranno essere completati entro il 30 giugno 2026. Secondo i dati del Ministero, in Romania finisce in discarica oltre l’80 per cento dei rifiuti prodotti ogni anno, mentre è avviato a riciclo solo il 12 per cento. Numeri che collocano il Paese al 26° posto - su 27 Stati membri UE - in termini di tassi di riciclaggio. Secondo la Global Recycling Foundation, il riciclo consente di risparmiare ogni anno più di 700 milioni di tonnellate di CO2; una cifra destinata ad aumentare fino a 1 miliardo di tonnellate entro il 2030.

  • Botswana, via ai lavori del più grande parco fotovoltaico del Paese

    Nell’ottica di un progressivo abbandono del carbone e di una minore dipendenza energetica dal Sudafrica e dallo Zambia, il governo del Botswana ha annunciato l’inizio dei lavori per la realizzazione della prima fase del parco solare di Mmadinare, il più grande impianto fotovoltaico del Paese. Situato a 405 km a nord-est della capitale Gaborone, sarà realizzato in due fasi e richiederà un investimento complessivo di 104 milioni di dollari, in parte finanziati dall’International Finance Corporation, istituzione finanziaria del Gruppo della Banca Mondiale. L’impianto, con una capacità totale di 120 MW, fornirà elettricità verde a circa 20.000 abitazioni e consentirà ogni anno di evitare l’emissione di 48.000 tonnellate di CO2. Grazie alla sottoscrizione di un Power Purchase Agreement (PPA), l’elettricità prodotta dalla centrale di Mmadinare sarà acquistata dalla Botswana Power Corporation, la società elettrica statale. Il mix energetico del Botswana è ancora fortemente dominato dal carbone, con la centrale termica di Morupule che fornisce la maggior parte dell’elettricità. Con la Vision 2036 - Achieving Prosperity For All  il Paese si è dato come obiettivo di avere entro tale data il 50 per cento di energia rinnovabile.

  • La formula della sostenibilità di Axpo? 4P

    Presentato a Genova il profilo di sostenibilità di Axpo. Planet, People, Principles, Progress rappresentano le aree principali nelle quali il gruppo sta investendo, con l’obiettivo di contribuire in modo significativo al futuro dell’energia e garantire crescita e innovazione a lungo termine. Se si vuole veramente perseguire con successo la transizione energetica, tutti devono fare la propria parte, dalle singole persone alle aziende e alle istituzioni. E non solo a parole. Un esempio di come si possono mettere in campo azioni che concilino decarbonizzazione, sostenibilità, business e innovazione è ben dettagliato nel nuovo Profilo di Sostenibilità di Axpo Italia, redatto in collaborazione con The European House-Ambrosetti. Presentato nella sede Axpo di Genova (purtroppo in una giornata uggiosa e non solo dal punto di vista climatico) il documento ridefinisce il cammino dell’operatore energetico verso la sostenibilità. Un percorso a tappe verso l’obiettivo ambizioso del net zero che si basa su quattro principi cardine: Planet, con le iniziative per clima e ambiente; People, per l’inclusione e la crescita dei propri dipendenti (oggi il 47 per cento dei dipendenti Axpo sono donne); Principles, focalizzato su etica e responsabilità; Progress, con le innovazioni tecnologiche. “La sostenibilità è il futuro - ha dichiarato Salvatore Pinto, presidente di Axpo Italia - ed è per noi il valore centrale per una transizione energetica capace di coniugare le esigenze di persone, imprese e comunità”. Un percorso che prevede di ridurre a zero entro il 2030 le emissioni di CO2 derivanti dal consumo di elettricità e dal proprio parco veicoli e la decarbonizzazione della sfera di influenza diretta entro il 2040 (net zero negli ambiti 1 e 2 del GHGP). Per arrivare, infine, alla neutralità climatica nell'intera catena del valore entro il 2050 negli ambiti 1, 2 e 3. “Bisogna conciliare transizione, sostenibilità e sicurezza - ha dichiarato Simone Demarchi, amministratore delegato di Axpo Italia. Non ci sono soluzioni semplici. La nostra sfida è accompagnare i clienti favorendo l’utilizzo di fonti rinnovabili e la decarbonizzazione attraverso soluzioni innovative, mantenendo la sostenibilità economica”. Axpo Italia è il quarto operatore del mercato energetico nazionale e conta più di 250 dipendenti. Fondato nel 2000, fa parte di Axpo Group, maggiore produttore svizzero di energie rinnovabili e leader internazionale nel trading di energia.

  • AIGET spegne 25 candeline e presenta il nuovo logo

    In occasione della ricorrenza dei 25 anni dalla sua nascita, AIGET - Associazione Italiana di Grossisti di Energia e Trader presenta ai propri associati e alla stampa il nuovo logo, parte di un progetto di rinnovamento che vuole raccontare l’evoluzione interna dell’associazione. Era il 6 maggio 1999 quando nasceva AIGET, poco dopo l’emanazione del Decreto Bersani di attuazione della Direttiva europea sulla liberalizzazione del mercato elettrico. Da allora sono trascorsi 25 anni e tanti elettroni sono passati sulla rete elettrica. Il nuovo logo è parte di un progetto di rinnovamento e rebranding fortemente voluto dal Presidente AIGET, Leonardo Santi, che spiega: “Il nuovo logo di AIGET e il materiale di supporto aggiornato rispecchiano l’immagine di un’associazione viva e produttiva, al passo con i tempi”. Un cambiamento che racconta l’evoluzione di un’associazione che affonda le radici nella propria esperienza ormai storica e che al tempo stesso si appresta ad affrontare le più attuali sfide regolatorie e di mercato con impegno rinnovato. E allora, buon compleanno AIGET! Con l’augurio di continuare a promuovere la concorrenza e la trasparenza dei mercati energetici.

  • USA, l’eolico offshore mette a rischio la balena franca nordatlantica

    Decarbonizzazione della produzione energetica e tutela dell’ambiente spesso appaiono in netta opposizione. Sono frequenti, infatti, in tutto il mondo le proteste contro la realizzazione di impianti alimentati a fonti rinnovabili - soprattutto eolico offshore, ma anche fotovoltaico. Gli Stati Uniti non fanno eccezione. Contro un impianto eolico offshore in Virginia, negli USA, alcuni gruppi di interesse pubblico hanno intrapreso un’azione legale contro l’approvazione del progetto Coastal Virginia Offshore Wind (CVOW). L’Heartland Institute, il Committee for a Constructive Tomorrow e il National Legal and Policy Center si sono uniti nel sostenere che nella ideazione del progetto eolico in questione non sono stati considerati gli impatti sugli esemplari di balena franca del Nord Atlantico, specie in via di estinzione. Secondo i ricorrenti, il Bureau of Ocean Energy Management (BOEM) e il National Marine Fisheries Service non hanno valutato adeguatamente il potenziale danno che le pale eoliche potrebbero infliggere alla specie, di cui rimangono solo circa 350 esemplari. Il progetto CVOW, da 9,8 miliardi di dollari, ha una capacità di 2,6 GW ed è in fase di realizzazione a 27 miglia al largo della costa di Virginia Beach. Dotato di 176 turbine, tre sottostazioni offshore e cavi sottomarini, il parco eolico dovrebbe entrare in funzione nel 2026 e sarà in grado di fornire elettricità a 660.000 abitazioni. I portatori di interesse contrari al progetto chiedono di fermare le attività di costruzione, il cui avvio ufficiale è previsto il prossimo maggio, finché non siano implementate “protezioni verificabili contro potenziali danni alla popolazione delle balene”. La Virginia si è posta l’obiettivo di sviluppare 5,2 GW di energia eolica offshore. Ogni progetto è soggetto a revisione da parte del Bureau of Ocean Energy Management BOEM, ai sensi del National Environmental Policy Act (NEPA).

  • Energy storage e batterie, un’opportunità per l’Europa

    Con l’auspicata crescita dei veicoli elettrici e il continuo sviluppo della generazione rinnovabile è in forte aumento in tutto il mondo la domanda di batterie per l’energy storage. Un settore - quello dell’accumulo di energia - che in Europa dipende fortemente dall’approvvigionamento di materie prime critiche concentrate in pochissimi Paesi. Il mutare di piani strategici o geopolitici dei Paesi fornitori può mettere a serio rischio la produzione europea di tecnologie green, come dimostra la recente decisione della Cina - che fornisce alla UE il 98 per cento di terre rare - di porre nuove restrizioni sull’esportazione di alcuni tipi di grafite. Unione Europea che prevede al 2030 un fabbisogno 18 volte maggiore di litio e 5 volte di cobalto rispetto ai livelli attuali per la fabbricazione di batterie per veicoli elettrici e per l’energy storage; numeri che cresceranno ulteriormente al 2050. Uno scenario che se da una parte ha già costretto le aziende europee a ottimizzare le fasi di produzione, dall’altra può anche rappresentare un’opportunità di sviluppo. La ricerca di nuove tecnologie, il riciclo e riuso dei materiali rappresentano infatti una strada per ridurre la dipendenza. Secondo il Fraunhofer Institute for Systems and Innovation Research (ISI), tecnologie come le batterie agli ioni metallici, metallo-zolfo, metallo-aria e a flusso redox potrebbero ridurre la pressione su mercati, così come le batterie allo stato solido, (che si prevede compiranno progressi importanti già nel 2024) o agli ioni di sodio. Come emerge dal report Alternative Battery Technologies Roadmap 2030+, secondo i ricercatori del Fraunhofer ISI alcune tecnologie - come le batterie sodio-zolfo e a flusso redox ad alta temperatura - sono già in uso, mentre nel prossimo futuro le batterie agli ioni di sodio potrebbero essere sempre più utilizzate nella mobilità elettrica, soprattutto nelle auto di piccole dimensioni. In un’ottica di medio termine, le batterie al litio-zolfo troveranno applicazione nei droni e quelle allo zolfo-sodio o agli ioni di zinco per usi stazionari. Ma anche tecnologie meno sviluppate, come le batterie allo zinco, al magnesio o agli ioni di alluminio, le batterie RT al sodio-zolfo o le batterie zinco-aria hanno un elevato potenziale, grazie soprattutto alla disponibilità di grandi risorse in Europa. Il crescere della domanda di batterie per auto avrà come conseguenza anche un incremento di quelle da riciclare. Sempre secondo il Fraunhofer ISI, la quantità aumenterà di cinque volte dal 2030 al 2040, anche se si desse una seconda vita alla maggior parte di queste come accumulatori stazionari per la stabilizzazione della rete. Riciclo delle batterie e recupero dei materiali che, sebbene al momento non risulti particolarmente redditizio, potrebbe però in un prossimo futuro rappresentare un altro pilastro per l’industria europea, aumentandone la sostenibilità e la competitività. Innovazioni tecnologiche, ultime tendenze e sviluppi di mercato saranno in mostra a Monaco di Baviera, che ospiterà dal 19 al 21 giugno 2024 la nuova edizione di ees Europe, la fiera più grande d’Europa per batterie e sistemi di accumulo, e di Power2Drive, la manifestazione internazionale per le infrastrutture di ricarica e la mobilità elettrica. Organizzate da Solar Promotion, ees e Power2Drive fanno parte di The Smarter E Europe, la più grande piattaforma europea per il settore dell’energia, che comprende anche le fiere settoriali EM-Power e Intersolar.

  • Germania e HVDC, pubblicato il nuovo Piano di sviluppo della rete elettrica

    Lo sviluppo della generazione rinnovabile può risultare inutile se non supportato da adeguate infrastrutture di trasmissione. In Germania la Bundesnetzagentur - l’Agenzia federale per le reti - ha pubblicato il Piano di sviluppo 2023-2037/2045 per una rete di trasmissione climate-neutral che delinea il quadro di espansione necessario per completare la transizione. Il Piano prevede la realizzazione di circa 4.800 chilometri di nuove linee e il potenziamento di circa 2.500 chilometri di reti esistenti. I nuovi progetti di rete elettrica riguardano 5 linee in corrente continua ad alta tensione (HVDC), ognuno con capacità di trasmissione di 2 GW: tre collegheranno la Bassa Sassonia all’Assia, alla Sassonia e al Baden-Württemberg, mentre due porteranno elettricità dallo Schleswig-Holstein al Meclemburgo-Pomerania Anteriore e al Baden-Württemberg. Nel Piano di sviluppo della rete elettrica è presente inoltre l’indicazione degli interventi necessari per collegare la crescente produzione dei parchi eolici offshore nel Mar Baltico e nel Mare del Nord. La Bundesnetzagentur ha confermato la necessità di realizzare altre 35 linee entro il 2045, per una capacità totale di trasmissione di 70 GW, in conformità all’obiettivo fissato dall’Offshore Wind Energy Act. Alla fine maggio 2024 l’Agenzia pubblicherà anche il rapporto sull’impatto ambientale dei progetti confermati nel Piano di sviluppo della rete.

  • Idrogeno verde, in Australia un progetto da 50.000 tonnellate

    Il Governo australiano, che punta a far diventare il Paese uno dei principali hub mondiali per la produzione di idrogeno verde, ha annunciato un finanziamento di 1,7 milioni di dollari australiani (poco più di 1 milione di euro) a sostegno dello studio di fattibilità per un nuovo progetto da 850 MW nella regione di Kimberley, zona a maggioranza indigena. L’East Kimberley Clean Energy and Hydrogen Project prevede la realizzazione di un impianto per la produzione su larga scala di idrogeno rinnovabile e ammoniaca alimentato da un parco fotovoltaico da 1 GW e da circa 20 MW di energia idroelettrica proveniente dalla centrale sul lago Argyle. Una volta in funzione, l’impianto sarà in grado di produrre ogni anno 50.000 tonnellate di idrogeno verde che sarà trasportato - tramite un gasdotto di 120 chilometri - nella località di Balanggarra per essere convertito in ammoniaca rinnovabile da utilizzare come fertilizzante dagli agricoltori locali e per l’esportazione in Asia. Lo studio di fattibilità, avviato dall’Aboriginal Clean Energy Partnership (ACEP), sarà completato in cinque mesi con un costo previsto di 3,3 milioni di dollari australiani. Nella regione di Kimberley la maggioranza dei proprietari terrieri sono nativi, con diritti e interessi riconosciuti sulle terre e sulle acque. ACEP è composta da quattro soci paritetici: i gruppi di proprietari Balanggarra Ventures, MG Corporation e Kimberley Land Council e la società di consulenza su clima e natura Pollination. ACEP supervisionerà tutto il processo di sviluppo, con la consegna di rapporti e approvazioni relative al patrimonio e all’ambiente. Il costo complessivo dell’East Kimberley Clean Energy and Hydrogen Project è stimato tra 2,7 e 3,2 miliardi di dollari australiani.

  • Fotovoltaico: Edison punta su Sicilia e sole (ma inaugura sotto la pioggia)

    Edison inaugura in Sicilia, ad Aidone (EN), l'impianto fotovoltaico da 41 MW “Solecaldo” (sic!). La strategia di crescita del Gruppo - che ha un forte legame con la regione, dove è presente con tutti i principali business - punta a incrementare la capacità rinnovabile installata in Italia, passando dagli attuali 2 GW a 5 GW (2 GW di fotovoltaico e 1 GW di eolico) al 2030. Catania ci accoglie coperta di nuvole basse e grigie, cariche di pioggia: un cielo che qui non ti aspetti e che sullo sfondo piatto fa apparire azzurra mamma Etna (eh già, perché per chi conosce bene il Vulcano, l’Etna è femmina ed è anche madre). Ci spostiamo verso Aidone attraverso montagne placide, tinte di giallo ocra e variegate tonalità di verde. Tutto sembra fermo, eccezion fatta per le pale eoliche che girano placide sui crinali. Siamo qui per l’inaugurazione del parco fotovoltaico di Edison, che con i suoi 41 MW potrà generare in media 71,5 GWh di energia elettrica l’anno, soddisfacendo il fabbisogno energetico equivalente di circa 26.500 famiglie. I lavori, iniziati a novembre 2020, sono durati due anni e mezzo impiegando 45 imprese fornitrici. L’entrata in esercizio è del dicembre 2023. Per riqualificare il territorio in prossimità dell’impianto, Edison ha piantato 10.600 ulivi distribuiti su 17 ettari; ora resta da trovare chi se ne prenderà cura. Annamaria Raccuglia, Sindaca di Aidone, racconta una terra fatta di sole, vento e storia antichissima. “Questo impianto rappresenta un primato per Aidone, che in passato si è battuto con successo per il rientro di importanti reperti archeologici trafugati dal territorio (come la magnifica Dea di Morgantina, ndr). Oggi la tecnologia si coniuga con la storia, l’arte e la tutela dell’ambiente”. Non solo cultura, dunque, ma anche tecnologia e transizione ecologica. E ricadute positive in termini occupazionali. “La presenza dell’impianto - conclude Annamaria Raccuglia - darà l’opportunità alle scolaresche e ai nostri giovani di accrescere la consapevolezza sulla transizione ecologica e capire la grande scommessa delle fonti rinnovabili”. Nella prassi operativa di Edison il consenso dal basso è fondamentale. Le aree sulle quali costruire sono individuate insieme ai territori, in base a criteri che soddisfino il requisito di minimo impatto ambientale e visivo. “Con Aidone c’è stata subito intesa - commenta Marco Stangalino, Vice Presidente Esecutivo Power Asset Edison. Il Comune è sempre stato al nostro fianco, in una regione tra le più virtuose nell’autorizzare impianti a fonti rinnovabili”. “Con l’impianto di Aidone - fino ad ora il più grande di Edison - diamo avvio a una robusta pipeline di crescita. Vogliamo essere uno dei player di riferimento anche nel fotovoltaico - conclude Marco Stangalino - un ambito nel quale abbiamo importanti target di sviluppo”. Gli oltre 90.000 pannelli solari (91.056, per amore di precisione) e l’allaccio elettrico hanno fatto la parte del leone all’interno dell’investimento di “alcune decine di milioni di euro. La manutenzione su una superficie così estesa è effettuata con droni dotati fotocamera termica che rileva l’efficienza del pannello. La Sicilia ha un ruolo di primo piano nella transizione energetica nazionale e nella strategia di sviluppo di Edison: qui nei prossimi tre anni il Gruppo prevede di costruire ulteriori 300 MW da fonti rinnovabili (attualmente Edison gestisce quattro parchi eolici da 104 MW nelle province di Trapani, Enna e Messina). “Grazie al nuovo impianto di Aidone rafforziamo ulteriormente la nostra presenza nella regione, aumentando la quota di energia da fonti rinnovabili a disposizione del territorio” ha dichiarato Nicola Monti, amministratore delegato di Edison, arrivato in leggero ritardo per difficoltà nei trasferimenti (“in Sicilia la viabilità è complessa”) e a causa della pioggia che ha ulteriormente ostacolato gli spostamenti. “Grazie per averci fatto trovare il tipico clima milanese - ha commentato divertito Nicola Monti - che per inaugurare un impianto fotovoltaico è l’ideale. Ma bagnato è fortunato”. Per quanto riguarda il fotovoltaico, all’impianto di Aidone da 41 MW e a uno da 5 MW in funzione ad Agira (sempre in provincia di Enna) si aggiungono un nuovo cantiere a Tudia, Palermo (un agrivoltaico da 55 MW) e altri tre impianti FV tradizionali da 60 MW già autorizzati. Sono in corso gli iter per ulteriori sei parchi fotovoltaici (220 MW complessivi) e sette eolici da 330 MW. Nel primo trimestre 2024 il Gruppo ha aperto cantieri per 110 MW di nuove realizzazioni di eolico e fotovoltaico in tutta Italia, e ha in corso di autorizzazione 0,8 GW di fotovoltaico e 1,6 GW di eolico, metà dei quali relativi a progetti di ricostruzione integrale. Insomma, alla chiamata della decarbonizzazione del settore energia i territori rispondono “presente!” e le aziende pure: ora tocca alla rete stare al passo.

  • Idrogeno: in Austria il treno dei desideri all’incontrario va...

    Finisce nel cestino il progetto della Zillertal Railway di sostituire le locomotive diesel con quelle a idrogeno, annunciato nel 2018 e rimasto nel cassetto per anni. Questione di costi: studi indipendenti dell’Università di Vienna affossano l’H2 e promuovono l’elettrico a batteria o in mix con nuovi elettrodotti. Si allargano i ripensamenti anche in Germania. Chi non cambia mai idea è uno stolto o un fanatico, ci dice la saggezza popolare (o secondo almeno tre altre diverse attribuzioni illustri, mescolate sul web a citazioni dalla paternità incerta). Il cambio di binario della Zillertal Railway sulla sostituzione dei treni diesel con l’idrogeno è dunque una buona notizia? Non del tutto, anche perché è stato innescato quasi per caso, come riporta Hydrogen Insight, e da un’occorrenza piuttosto spiacevole. Secondo i quotidiani locali Franz Hörl, presidente del consiglio di vigilanza della compagnia ferroviaria della piccola linea tirolese - 32 km coperti da locomotive diesel, automotrici e trenini a vapore, utilizzata principalmente da turisti e pendolari locali - avrebbe spinto sull’idrogeno incurante delle critiche sui costi eccessivi dell’opzione H2. “Non si può chiudere in un cassetto un progetto proprio in dirittura d’arrivo”, commentava Hörl dopo l’annuncio ufficiale nel 2018, mentre i Verdi insistevano sull’alternativa meno costosa dell’elettrificazione. Non è chiaro a quale dirittura d’arrivo Franz Hörl si riferisse; dall’epoca delle dichiarazioni, i treni a idrogeno non sono proprio usciti né dal cassetto né dalla fabbrica: l’ordine a Stadler per le prime cinque unità, per un costo complessivo di 75 milioni di euro, non è mai partito, tantomeno il traguardo del 2022 per l’avvio preliminare del servizio. Per il governo statale e federale sono troppe le incertezze su come finanziare l’operazione. Non finisce qui: Helmut Schreiner, direttore tecnico della Zillertal Railway e demolitore delle tesi dei Verdi, finisce sotto inchiesta per aver millantato un titolo accademico specialistico acquisito solo nel 2023 e con una tesi quasi interamente plagiata, riporta la stampa austriaca. Schreiner viene rimosso dall’incarico nello stesso anno in cui consegue davvero il dottorato. I Verdi insorgono: il progetto va cancellato. La sorte del treno ad H2 è affidata all’Università di Vienna, chiamata a fornire una valutazione indipendente di sei diversi tipi di trazione alternativa in grado di decarbonizzare la tratta. Con una limitazione: non tutta la linea potrà avvalersi di cavi sospesi, per questioni relative alla proprietà dei terreni attraversati. A inizio aprile 2024 il report dell’Università non è ancora pubblico, ma l’amministrazione locale ha già i primi dati: i treni elettrici a batteria sono senza dubbio l’opzione con il miglior rapporto costi-benefici. Conclusioni eleganti: la scelta dell’idrogeno era quella giusta nel 2018, ma è ormai superata dalla tecnologia a batteria. Al via, dunque, il nuovo progetto di elettrificazione della linea, che parte con la pianificazione delle infrastrutture di ricarica. L’orizzonte di realizzazione è il 2025-2030. Momentaccio per l’idrogeno anche in Germania. Stadler, storico costruttore svizzero di veicoli ferroviari - anche a idrogeno e a batteria - dichiara che la manutenzione complessa, costosa e frequente (le celle a combustibile vanno sostituite ogni tre anni) fanno dell’idrogeno un perdente sicuro in tutti i match tedeschi contro l’elettrico a batteria, eletto a passe-partout della decarbonizzazione ferroviaria. Questo esito dipende anche dalla lunghezza delle linee, per la maggior parte tra i 40 e gli 80 km: un’estensione che elimina il principale vantaggio dell’idrogeno, più adatto a chilometraggi maggiori. Chi ha già deciso - e se ne è pentito - cerca di rimediare come può: in aprile e maggio 2024 si viaggerà gratis sulla RB15 - una delle quattro linee della rete ferroviaria di Taunus che collega Francoforte a Wiesbaden - per rabbonire l’utenza, vittima di quello che il presidente del Consiglio di Supervisione stesso definisce “un completo fallimento”. Lo switch da diesel a idrogeno ha comportato una sfilza di problematiche sfociate nella cancellazione del 19 per cento dei treni in partenza sulla linea nel 2023. Ritardi sulle consegne del materiale rotabile hanno ritardato anche la formazione degli operatori; un terzo dei ferrovieri ha presentato le dimissioni, in fuga da turni di lavoro estenuanti ripensati per far fronte all’emergenza. Nel disastro generale, sui treni a idrogeno tedeschi non funzionano nemmeno le toilette. Persino il pioniere dell’H2 su rotaia - LNVG, operatore statale della Bassa Sassonia - ha detto stop all’idrogeno a metà 2023, in favore dell’elettrico. Almeno in Germania e Austria il treno a idrogeno resta, per il momento, solo un treno dei desideri. Ahimè, non realizzati. Carolina Gambino

  • Tempo, supporto economico e cultura: il welfare sostenibile di A2A

    Secondo il Rapporto dell’Università Bocconi La natalità e le sfide della genitorialità in Italia, si assiste a un calo preoccupante del numero dei nati. Nel 2080 gli abitanti del nostro Paese potrebbero scendere a 45,8 milioni. Presentato a Milano A2A Life Caring, progetto che rafforza i programmi di welfare della multiutility con un piano a supporto della genitorialità. Decarbonizzazione e contrasto al cambiamento climatico sono tra le priorità che i Paesi europei hanno messo in cima ai propri programmi, ma non sono le uniche. Anche se non è quasi mai sotto le luci della ribalta, il declino demografico rappresenta una sfida non solo cruciale ma anche urgente da affrontare. Con una media di fecondità ben al di sotto del tasso di sostituzione di 2,1 necessario per mantenere stabile la popolazione, in Europa si sta assistendo a un progressivo invecchiamento e a una conseguente riduzione della forza lavoro. Cambiamenti demografici che vanno a incidere in modo significativo sui sistemi di welfare, sulla produttività economica e sulla sostenibilità dei modelli sociali europei. In Italia, secondo il Rapporto La natalità e le sfide della genitorialità in Italia: il ruolo delle aziende per un nuovo modello di welfare sostenibile curato dall’Università Bocconi con il supporto di A2A, si assiste a un calo preoccupante dei tassi di natalità che potrebbe portare a 45,8 milioni gli abitanti nel nostro Paese nel 2080. Numeri che già oggi fanno dell’Italia uno dei Paesi con la più alta percentuale di anziani: nel 2050 gli over 65 anni costituiranno il 34,5 per cento della popolazione. Se le cause di questo calo demografico sono multifattoriali - riconducibili a scelte personali e a mutamenti nelle condizioni culturali, economiche e sociali - il Rapporto evidenzia come le politiche attuate possano influenzare e invertire i trend demografici. In particolare, risulta evidente come l’approccio del settore privato può giocare un ruolo decisivo. Con il programma Life Caring, A2A mira proprio a promuovere una nuova cultura di responsabilità sociale d’impresa, con l’obiettivo di contribuire attivamente al benessere e allo sviluppo sostenibile del Paese, contrastando così il cosiddetto inverno demografico. “Il crollo demografico - ha dichiarato Renato Mazzoncini, CEO di A2A - è una delle sfide più urgenti e complesse che l’Italia deve affrontare. Siamo consapevoli che le aziende hanno una responsabilità sociale a cui non possono sottrarsi”. Secondo Mazzoncini, è importante che realtà come A2A contribuiscano a supportare la pubblica amministrazione nel portare avanti politiche che garantiscano le migliori prospettive alle persone. “L’auspicio - conclude Mazzoncini - è che la nostra esperienza possa essere di esempio per favorire un cambio culturale su questi temi ”. A2A Life Caring, frutto di un accordo con le rappresentanze sindacali, prevede investimenti per 120 milioni di euro al 2035 e vuole favorire la diffusione di un nuovo approccio al tema della conciliazione vita-lavoro, senza precludere la crescita professionale. Il Piano prende in considerazione tutte le dimensioni della genitorialità e si sviluppa lungo tre direttrici: tempo, supporto economico e cultura, con percorsi di sensibilizzazione rivolti al management e ai neogenitori, che si aggiungono alle attività di divulgazione interne già in corso su fertilità e procreazione, sui risvolti medico-psicologici nei percorsi di maternità/paternità, sull’importanza di operare scelte consapevoli.

  • Fotovoltaico, il ruolo chiave dello storage

    I sistemi di accumulo rappresentano una soluzione indispensabile per massimizzare l’efficienza e l’affidabilità delle fonti rinnovabili, intermittenti e non programmabili. Hanno un ruolo talmente fondamentale che l’Associazione tedesca per l’energia solare (BSW) propone di considerarli come il quarto pilastro del sistema elettrico. Grazie allo storage è possibile immagazzinare l’elettricità in eccesso e reimmetterla in rete quando serve, permettendo di aumentare la flessibilità e la sicurezza del sistema elettrico. Non solo; è possibile proteggere la rete stessa dal sovraccarico e fornirle servizi aggiuntivi per la stabilità, come il controllo del carico. E proprio in Germania il mercato dell’accumulo sta registrando una continua crescita. Secondo i dati di BSW, nel 2023 sono stati installati più di mezzo milione di nuovi sistemi, residenziali e commerciali, portando il numero totale a oltre un milione e a una capacità complessiva di 12 GWh. Capacità che - in teoria - potrebbe coprire il consumo medio giornaliero di elettricità di circa 1,5 milioni di famiglie tedesche composte da due persone. Includere lo storage nell’installazione di nuovi impianti fotovoltaici sta diventando la norma anche in Italia. Secondo i dati di ANIE Federazione, a giugno 2023 risultavano connessi nel nostro Paese un totale di 382.422 sistemi di accumulo, con una capacità di 4,89 GWh e per il 99,6 per cento abbinati a un fotovoltaico residenziale. Numeri che, sebbene parziali, attestano una crescita importante rispetto alla fine del 2022 quando, secondo l’Osservatorio Sistemi Accumulo di ANIE, in Italia risultavano installati 227.477 sistemi, per una capacità di 2,75 GWh. La taglia più diffusa (37,2 per cento) è quella compresa tra i 10 e i 15 kWh, la meno gettonata quella tra 100 e 500 kWh (0,02 per cento). Dati che evidenziano la preferenza per soluzioni più leggere e flessibili. Trend positivi che, tuttavia, secondo gli analisti non sono sufficienti. In Germania, ad esempio, la capacità di accumulo dovrebbe aumentare di 25 volte; scenario difficilmente raggiungibile, secondo l’Associazione tedesca per l’energia solare, senza nuovi interventi legislativi e un aumento dei fondi per la ricerca. Il settore è in rapido sviluppo e metterà in mostra le ultime soluzioni e le nuove tecnologie a ees Europe, la più importante manifestazione europea per batterie e sistemi di accumulo, dal 19 al 21 giugno 2024 a Monaco di Baviera, all’interno di The Smarter E. Con il motto Innovating energy storage, ees Europe rappresenta un’opportunità di networking per i principali attori del settore, che potranno confrontarsi su tendenze e sviluppi del mercato.

  • Le interviste FEEM@COP28. In dialogo con Marcia Rocha su ambizioni climatiche e contributi nazionali

    Le interviste FEEM alla COP28. Una proposta informativa interessante, per spiegare la transizione energetica in modo semplice, grazie ad agili testi accompagnati da brevi video. Valeria Zanini ha intervistato Marcia Rocha, capo dell’Unità Climate change expert group dell’OECD, sulle ambizioni climatiche globali e i contributi dei singoli Paesi. L’articolo 14 dell’Accordo di Parigi, firmato alla COP21 nel 2015, istituisce il Global Stocktake (GST), un bilancio globale dei progressi collettivi nella direzione del raggiungimento degli obiettivi fissati, al fine di riflettere sui progressi compiuti e offrire indicazioni alle Parti su ciò che ancora occorre fare per traguardare i target dell’Accordo. A dicembre alla COP28 è stato presentato il primo GST (i prossimi saranno ogni 5 anni), in cui le Parti hanno concordato sul fatto che la rotta attuale porterà a un aumento delle temperature ben superiore al 1,5 °C. È stata quindi concordata la necessità di rinegoziare una serie di obiettivi per aumentare l’ambizione climatica (e, in parte, lo stesso GST lo ha fatto, riconoscendo “il bisogno di profonde, rapide e sostenute riduzioni delle emissioni di gas serra in linea con l’obiettivo di 1,5 °C”). Allo stesso tempo, però, i trattati e le dichiarazioni sotto l’UNFCCC non contengono un linguaggio specifico su come rendere operativi gli obiettivi concordati. Per questo, l’OECD - Organisation for Economic Co-operation and Development- ha un’Unità, il Climate Change Expert Group, che negli ultimi anni ha tradotto gli obiettivi dell’Accordo di Parigi in criteri misurabili, con cui vengono filtrati gli scenari di mitigazione dei cambiamenti climatici per misurare l’allineamento agli obiettivi di Parigi. Marcia Rocha, a capo dell’Unità CCXG, spiega che i risultati dei loro studi confermano che l’ambizione climatica globale non è sufficiente. Le ricerche più recenti mostrano infatti che molti dei tipping point - le soglie critiche che, quando oltrepassate, possono portare a cambiamenti accelerati e spesso irreversibili nel sistema climatico - possono essere superati già a livelli di riscaldamento globale molto più bassi di quanto pensato, e già a temperature che sono in linea con l’Accordo di Parigi. “È solo limitando il superamento della soglia di un grado e mezzo che si può evitare di varcare queste soglie - commenta Marcia Rocha - e questo dipenderà da quanta CO2 sarà immessa in atmosfera da qui al 2030. Quello che abbiamo davanti è un decennio critico per prevenire gli impatti più pericolosi del cambiamento climatico”. L’architettura dell’Accordo di Parigi è basata sul fatto che ogni Paese firmatario si impegna a condividere volontariamente un piano di ciò che farà per affrontare il cambiamento climatico e contribuire agli obiettivi collettivi sanciti nell’Accordo. I documenti tramite cui i Paesi firmatari dichiarano le proprie ambizioni climatiche e le proprie strategie per ridurre le emissioni nazionali e adattarsi agli impatti del climate change si chiamano Nationally Determined Contributions (NDC). L’Accordo di Parigi prevede che ogni Parte comunichi all’UNFCCC gli NDC che intende raggiungere, con una prima serie aggiornata entro il 2020 e successivamente ogni cinque anni, indipendentemente dai rispettivi tempi di attuazione. Il 2024 sarà l’anno in cui si riapriranno le negoziazioni sulle caratteristiche degli NDC, in vista della presentazione dei nuovi NDC che avrà luogo durante la COP30 a Belèm (Brasile) nel 2025. Uno dei temi sul tavolo sarà l’obiettivo di migliorare la qualità degli NDC e la loro trasparenza. Uno dei punti principali della discussione (e politicamente più controversi) riguarderà l’ipotesi di concordare su caratteristiche comuni agli NDC di tutti i Paesi: convincere a riconciliare gli obiettivi nazionali con quelli collettivi di lungo termine in un sistema coerente non sarà semplice.

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