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  • Energia, l’innovazione guiderà la transizione (e ne conterrà i costi)

    Il Rapporto I-Com 2024 sull’innovazione energetica, giunto alla sedicesima edizione e curato dal direttore Area Sostenibilità Antonio Sileo, prosegue l’attività di lettura del contesto energetico, sempre più stabilmente mutevole. La transizione ambientale sarà rallentata? Chi ne sosterrà i costi? Quanto saranno diffusi i benefici? Nelle 216 pagine del Rapporto Innov-E 2024 , gli autori - ricercatori esperti affiancati ad analisti più giovani - forniscono spunti utili per una riflessione sulla direzione presa dall’innovazione in materia di energia e di ambiente , e sul posizionamento dell’Italia nella ricerca in campo energetico. Un’innovazione non solo tecnologica , ma anche di norme, prassi e abitudini che sovente sono un fattore determinante perché le nuove tecnologie prendano piede.   “Indipendentemente da quanto costerà - commenta Antonio Sileo, direttore Area Sostenibilità I-Com - la transizione sarà guidata dall’innovazione, che aiuterà anche a contenerne i costi”.   Una panoramica sui temi dell’innovazione inevitabilmente parziale ma non troppo sfocata, articolata su tre piani: economico, tecnologico, giuridico . Perché senza la giusta cornice normativa - in Italia come in tutti i Paesi di civil law  - è difficile che un’innovazione si affermi.   Alle consuete analisi dei brevetti energetici, elettrici, dell’efficienza, della mobilità sostenibile e dei sistemi d’accumulo, il Rapporto I-Com sull’innovazione energetica 2024 torna sulla convergenza tra sistema gas e sistema elettrico e sul dibattito pubblico , anche come mezzo per superare il NIMBY. E inserisce due novità: economia dello spazio e formazione specifica e competenze green necessarie alla transizione .   “Perché le cose possano cambiare in meglio - conclude Sileo -  è necessario il collaborativo impegno di soggetti pubblici e imprese, in un’articolata ricerca di nuove soluzioni sistemiche, ma anche di nuove visioni e traguardi, naturalmente sostenibili”.   Perché se è vero che l’innovazione è la chiave che sblocca produttività, crescita e salari più alti, è altrettanto vero che - poiché le scadenze si avvicinano - i l continuo rilancio di obiettivi non porta di per sé a grandi risultati .

  • Gatti (Energy Advisors): “Per le rinnovabili in mare, un’occasione persa”

    Era del tutto prevedibile che si sarebbe presentato per le rinnovabili il rischio di ripetere in mare l’anarchia che si è verificata a terra, con una localizzazione degli impianti - sia convenzionali, sia rinnovabili - guidata dalla facilità di ottenere le autorizzazioni e non dalla struttura del sistema elettrico. Anche a Bruxelles succede talvolta che la mano destra non sappia quello che fa la sinistra e si producano paradossali contraddizion i. È quanto successo - lo spiega Giuseppe Gatti, su Nuova Energia   - con due provvedimenti assunti dalla Commissione a distanza di pochi giorni: il deferimento dell’Italia alla Corte di Giustizia europea per la mancata osservanza degli obblighi posti dalla Direttiva UE 2014/89 e l’approvazione dello schema del Decreto FER 2 .   La Direttiva 2014/89 , nota come Direttiva PSM (Pianificazione dello Spazio Marittimo), prevedeva che entro il 31 marzo 2021 i 22 Stati rivieraschi dell’Unione adottassero specifici Piani di Gestione degli Spazi Marittimi (PGSM) , definendo ambiti e modalità di esercizio delle attività economiche - a partire dalla pesca - turistiche e sociali in una logica di sostenibilità dell’ecosistema marino .   A giugno 2021, i PGSM avrebbero dovuto essere comunicati alla Commissione. A dicembre 2021 nove Stati non avevano ancora notificato i loro Piani: quattro erano in fase conclusiva, altri cinque - Italia, Romania, Croazia, Grecia e Cipro - ne erano ben lontani. Di fronte all’inerzia italiana e nella perdurante latitanza delle istituzioni si è arrivati nel 2024 al deferimento alla Corte di Giustizia.   La seconda vicenda si sviluppa in parallelo. A dicembre 2022 la Conferenza unificata approva la bozza del Decreto FER 2 che autorizza gli aiuti di Stato previsti per le fonti rinnovabili innovative o dai costi particolarmente elevati . Le misure di incentivazione dovrebbero dispiegarsi su di un arco di 20-25 anni, con un ammontare complessivo che potrebbe arrivare a 35 miliardi di euro - stima del Governo italiano - grosso modo 1,5 miliardi l’anno. Con il che, il monte premi cumulato delle rinnovabili si attesta sui 200 miliardi di euro . La bozza è notificata alla Commissione, che dà il suo via libera e il Decreto va in Gazzetta Ufficiale.   “A questo punto vi chiederete cosa ci sia di strano in questa storia: l’Italia è primatista nelle infrazioni per mancato recepimento o implementazioni delle Direttive e tanto è allergica alla concorrenza quanto predilige gli aiuti di Stato”.   Quello che non torna - e in questo consiste la contraddizione - è che a Bruxelles nessuno abbia colto l’implicito collegamento tra Decreto FER 2 e mancata predisposizione dei PGSM . Nel FER 2 la parte assolutamente preponderante degli incentivi, non meno dell’80 per cento del totale, è riconducibile all’eolico offshore , che avrebbe dovuto essere disciplinato, quanto ad individuazione delle aree con la relativa potenza disponibile, proprio dai PGSM.   Più del deferimento alla Corte di Giustizia, sarebbe stato di pungolo condizionare l’erogazione degli incentivi per gli impianti offshore alla definizione dei PGSM, che invece rischiano ora di risultare largamente svuotati di ogni capacità programmatoria.   “Indubbio errore da parte di Bruxelles aver ignorato la connessione tra i due dossier, ma errore ben più grave quello italiano: non aver colto l’occasione per impostare in termini ordinati il complesso problema delle assegnazioni degli spazi marittimi per gli impianti offshore”.   Difficile ora recuperare un’occasione persa : bisognerebbe resettare le procedure autorizzative in corso (con gli inevitabili ricorsi), definire rapidamente i Piani di gestione e varare una nuova normativa disciplinando le procedure di gara. Un atto di coraggio che è illusorio attendersi.

  • Edison Next e Iris Ceramica, ecco la prima lastra realizzata con idrogeno verde

    Iris Ceramica Group e Edison Next hanno realizzato la prima lastra in ceramica tecnica al mondo utilizzando una miscela di idrogeno verde e gas naturale. Il sito di produzione H2 Factory - il nuovo stabilimento di Iris Ceramica Group a Castellarano (RE) - è già dotato delle infrastrutture necessarie per l’utilizzo al 100 per cento di idrogeno verde. Reingegnerizzare la ceramica per migliorare l’interazione tra le persone e l’ambiente in cui vivono grazie a questo materiale naturale, tra i più performanti al mondo . È questa la vocazione di Iris Ceramica Group - 60 anni di esperienza, 1.500 dipendenti in più di 100 Paesi.   Il processo industriale che il Gruppo sta mettendo a punto insieme a Edison Next nell’ H2 Factory di Castellarano rappresenta sia un passo concreto verso il net zero per un settore industriale particolarmente energivoro come quello ceramico, sia un contributo determinante per il raggiungimento degli obiettivi di transizione energetica del Paese.   L’impianto pilota comprende due elettrolizzatori dai 120 kW elettrici complessivi, alimentati da energia rinnovabile (è stato installato un nuovo impianto fotovoltaico da 1,3 MWp, che si aggiungono ai 2,5 MWp di quello esistente). I 20 metri cubi di idrogeno verde prodotti ogni ora alimentano il nuovo forno con una miscela di H 2 fino a circa il 7 per cento .   Obiettivo di questa fase è approfondire l’utilizzo della tecnologia per la produzione con idrogeno, per poi industrializzare la produzione mantenendo invariate le caratteristiche tecniche e la qualità delle lastre prodotte , avendo la certezza di ottenere l’eccellenza qualitativa, tecnica ed estetica.   In parallelo alla fase di test - per verificare il comportamento del materiale in cottura - Edison Next avvierà l’installazione del sistema definitivo: un impianto di produzione da 1 MW , in grado di produrre circa 132 tonnellate di idrogeno verde l’anno che andranno ad alimentare il forno con una miscela di H 2 fino a circa il 50 per cento . Il blend consentirà di sostituire circa 500.000 metri cubi di gas naturale ogni anno.   “Siamo orgogliosi di essere al fianco di una delle eccellenze del Made in Italy in un’iniziativa pionieristica per l’intero settore, ma anche per il Paese - ha dichiarato Giovanni Brianza, CEO di Edison Next - sostenendo la diffusione di una nuova cultura industriale in cui la sostenibilità è strumento per aumentare la propria competitività”.   È la dimostrazione che unendo tecnologia e innovazione, competenze e determinazione , si possono raggiungere risultati importanti anche in ambiti in cui la sfida risulta difficile, perché richiede un ripensamento dell’intero processo produttivo e l’utilizzo di tecnologie più prospettiche, come l’idrogeno.   “Questo traguardo testimonia il nostro impegno verso la decarbonizzazione del settore ceramico - ha dichiarato Federica Minozzi, CEO di Iris Ceramica Group. Un progetto all’avanguardia che, grazie al sistema di produzione che Edison Next sta realizzando su misura per noi, apre nuove prospettive alla manifattura hard-to-abate”.   Il traguardo è importante ed è frutto di una partnership di valore e di un lavoro di squadra. Un esempio virtuoso di sostenibilità integrata che dimostra che “si può fare”. Ora altre aziende del settore possono seguire l’esempio, per fare sistema ed essere driver di cambiamento per l’intero Paese.

  • Il biometano di Edison: alleato della biodiversità (e dolce come il miele)

    Per contribuire a raggiungere i target di decarbonizzazione nel settore trasporti, i gas rinnovabili rappresentano un punto fondamentale. Nella strategia di Edison, centrata sullo sviluppo di soluzioni innovative per il sistema energetico, il biometano si posiziona efficacemente come alternativa sostenibile ai gas fossili. Uno dei vettori migliori per contribuire alla decarbonizzazione - dal momento che è chimicamente identico al gas naturale di origine fossile - il biometano può avere un impatto considerevole nel settore dei trasporti e in tutti quegli ambiti in cui non ci sono le possibilità tecniche di sostituire i combustibili fossili con l’elettricità .    “La transizione si basa su un mix di possibilità - commenta Fabio Spinelli, Key Account Manager Mobility Solutions di Edison Energia. Proprio per questo puntiamo a rimanere flessibili, intercettando le opportunità e adattando le soluzioni al mercato che evolve”.   Il consumo di biometano per il trasporto merci è premiante soprattutto per gli aspetti ambientali, in quanto permette di migliorare gli impatti sui territori a lungo termine. Edison Energia è stato il primo operatore in Italia ad aver avviato l’attività di vendita di biometano per i trasporti, nel 2018, e oggi è leader in questo segmento con 105 milioni di metri cubi gestiti nel 2023 e consegnati in oltre 450 stazioni di rifornimento in tutta Italia .   La società di Foro Buonaparte sta anche lavorando su diversi fronti per lo sviluppo di progetti per la produzione di biometano a partire dalla Frazione Organica del Rifiuto Urbano (FORSU), con l’obiettivo di realizzarne almeno 10 entro il 2030. Nel 2023 sono iniziati i lavori a Caivano (NA) per un impianto che processa 90.000 tonnellate l’anno di FORSU per una produzione attesa di circa 5 milioni di metri cubi di biometano, e ha preso avvio la riconversione per la produzione di bioGNL dei due impianti di Edison Next Environment di Caivano e Zinasco (PV), che attualmente producono biometano liquido sempre da FORSU (circa 60.000 t/anno).   Ed è proprio a Zinasco, in provincia di Pavia, presso la sede dell’impianto di produzione di biometano di Edison Next , che sorge l’ Oasi della biodiversità . Grazie alla partnership con 3Bee - naturetech company leader nello sviluppo di tecnologie per il monitoraggio, la tutela e la rigenerazione della biodiversità - l ’ampio spazio verde accanto agli edifici in cui le biomasse vengono convertite in gas rinnovabile ospita due alveari tecnologici , che monitorano in tempo reale l’attività delle api, fondamentali bioindicatori dello stato di salute dell’ambiente. All’interno dell’Oasi sono state messe a dimora anche 50 piante nettarifere a portamento arboreo e arbustivo appartenenti a 5 specie diverse autoctone, e 53 arbusti nettariferi di 10 specie autoctone differenti.   “Creare oasi di biodiversità nei nostri impianti è un modo concreto attraverso il quale vogliamo dare il nostro contributo per preservare gli ecosistemi dei territori che abitiamo - ha dichiarato Marilena Barbati Marketing & Communication Director di Edison Next. Accompagnare la decarbonizzazione significa non solo ridurre l’inquinamento e il consumo di risorse, ma anche agire per arginare il declino della biodiversità”.   Le api e altri gli impollinatori garantiscono un servizio indispensabile attraverso cui avviene la fecondazione delle piante e la produzione di semi e frutt i, essenziali per la sopravvivenza delle specie vegetali, animali e dell’uomo. La perdita di insetti impollinatori comporta quindi la diminuzione della biodiversità, essenziale per la stabilità degli ecosistemi.   Si stima che nell’Oasi durante l’anno vi siano 600.000 api monitorate e protette , capaci di impollinare 600 milioni di fiori, con 76 chili di nettare potenzialmente prodotto dalle piante nettarifere. In estate è prevista la prima smielatura con la realizzazione dei primi vasetti di miele.  Restiamo in attesa di un dolce (e sostenibile) assaggio.

  • USA, entro il 2030 i data center useranno il 9 per cento dell’elettricità

    Uno dei settori che sta crescendo più rapidamente in tutto il mondo è quello dei data center. Strutture necessarie ai sistemi informatici che richiedono enormi quantità di energia per il raffreddamento continuo ad alta intensità e che con lo sviluppo di tecnologie come l’intelligenza artificiale vedranno aumentare ulteriormente il proprio fabbisogno energetico. Le query basate sull’AI richiedono circa dieci volte l’elettricità necessaria per le tradizionali ricerche su Internet. Un dato che, secondo la International Energy Agency, farà più che raddoppiare la domanda di energia per i data center entro il 2026. Uno scenario che potrebbe causare seri problemi di approvvigionamento, soprattutto in quelle zone dove più alta è la concentrazione di data center. Previsioni e timori confermati anche dallo studio Powering Intelligence: Analyzing Artificial Intelligence and Data Center Energy Consumption , pubblicato dall’Electric Power Research Institute (EPRI) e che si concentra sulla situazione statunitense. L’analisi, basata sulle informazioni pubbliche sui data center esistenti negli USA , sulle stime di crescita del settore e sulle previsioni della domanda di elettricità, ha delineato quattro scenari al 2030, con un tasso di crescita annuo del consumo compreso tra il 3,7 e il 15 per cento. Lo scenario più basso (3,7 per cento) presuppone u n’adozione limitata degli strumenti di intelligenza artificiale , abbinata a importanti miglioramenti nell’efficienza dei data center; lo scenario più alto (15 per cento) combina la rapida espansione delle applicazioni di intelligenza artificiale con minori miglioramenti in termini di efficienza. A seconda del grado di efficienza energetica raggiunto dalle strutture, gli altri due scenari individuati dall’EPRI presentano una crescita del consumo elettrico del 4,6 e del 9,1 per cento . Quest’ultimo, secondo lo studio, rappresenta lo scenario più probabile, con un consumo pari a più del doppio di quello attuale. Negli USA l’80 per cento dei data center è concentrato in 15 Stati , con in testa Virginia e Texas.

  • Transizione energetica, il Queensland (Australia) stanzia 26 miliardi

    Dopo i 19 miliardi di dollari australiani (11,7 miliardi di euro) assegnati nel 2023, il governo del secondo Stato più grande dell’Australia - il Queensland - ha stanziato altri 26 miliardi di dollari (16 miliardi di euro) a sostegno del Queensland Energy and Jobs Plan, il programma che ha come obiettivo di accelerare la transizione energetica e di creare nuovi posti di lavoro. Il Queensland Energy and Jobs Plan prevede di destinare 16,5 miliardi di dollari a nuovi progetti per la produzione di energia da fonte rinnovabil e e per impianti di stoccaggio, 8,5 miliardi per la realizzazione della Super Grid, una nuova rete di trasmissione ad alta tensione lunga 1.500 chilometri, e 500 milioni di dollari per le mini-grid solari e i sistemi di accumulo residenziali. Il governo di Brisbane punta ad avere al 2035 25 GW di eolico e solare su larga scala e 7 GW di stoccaggio di lunga durata, grazie soprattutto ai due impianti di pompaggio idroelettrico di Borumba e di Pioneer-Burdekin, che sarà il più grande impianto del genere al mondo. Secondo il governo del Queensland, grazie al Piano saranno creati 100.000 nuovi posti di lavoro.

  • Camion elettrici, E.ON e MAN insieme per espandere la rete di ricarica europea

    Il Gruppo E.ON e MAN Truck & Bus costruiranno insieme una infrastruttura di ricarica per camion elettrici. 400 siti riservati ai mezzi pesanti (125 solo in Germania) in 170 località . Attraverso questo investimento sarà creata la più grande rete di ricarica pubblica per veicoli commerciali pesanti mai realizzata in Europa. E.ON e MAN investono in nuove stazioni di ricarica, costruite presso i Service Center di MAN ma che potranno fornire il servizio di ricarica pubblica ai mezzi pesanti di altri costruttori. I siti saranno infatti accessibili al pubblico, indipendentemente dalla marca del veicolo. Solo in Germania sono previsti circa 125 punti; altri sono in costruzione in Austria, Regno Unito, Danimarca, Italia , Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria.   Gli obiettivi politici per la decarbonizzazione dei trasporti in Europa (e in Germania in particolare) sono chiari, in una guerra ai gas serra senza esclusione di colpi (ops, di punti percentuali). L’UE chiede agli Stati membri di ridurre le emissioni di CO 2 dei mezzi pesanti del 65 per cento entro il 2035 e del 90 per cento entro il 2040, rispetto ai livelli del 2019.   Il governo tedesco punta a una riduzione del 55 per cento entro il 2030 e alla neutralità climatica entro il 2045. In questo contesto, l’elettrificazione dei trasporti è una delle soluzioni messe in strada e l’industria sta investendo in veicoli e in infrastrutture. E se i produttori si concentrano sullo sviluppo di nuovi mezzi, c’è ancora bisogno del sostegno normativo per costruire un’infrastruttura di ricarica ad alte prestazioni e progettata su scala europea.   “Stiamo investendo molto per dare un impulso decisivo all’infrastruttura per il trasporto pesante elettrico e tracciare la strada verso una sostenibilità nella logistica e nelle catene di approvvigionamento - ha dichiarato Leonhard Birnbaum, CEO di E.ON. Siamo lieti di essere all’avanguardia insieme a MAN”.   Nell’ambito della collaborazione, E.ON e MAN fanno compiere un bel passo avanti all’espansione dell’infrastruttura di ricarica per camion elettrici. Tuttavia, affinché la transizione della mobilità abbia successo, in Europa servono circa 50.000 punti di ricarica per i veicoli commerciali pesanti entro il 2030.   “In qualità di produttore di camion e bus elettrici, stiamo dando il nostro contributo - ha dichiarato Alexander Vlaskamp, CEO di MAN Truck & Bus. Sono lieto di avere E.ON come partner forte per l’elettrificazione dei nostri Service Center”.   Il primo sito aprirà nel 2024, e altri 80 saranno costruiti entro la fine del 2025 . Selezionati strategicamente tra i Service Center di MAN situati in aree industriali con elevati volumi di  traffico e in prossimità di snodi autostradali (per integrare facilmente la ricarica nelle operazioni quotidiane), i siti saranno costruiti in modo modulare e dotati di diverse stazioni di ricarica da 400 kW (un camion elettrico medio può ricaricarsi in circa 45 minuti per un’autonomia fino a 300 chilometri). In un secondo tempo, ci sarà un upgrade al sistema MCS (Megawatt Charging System) che consente ricariche con potenza fino a 3 MW .   Insomma, i veicoli elettrici ci sono. L’infrastruttura di ricarica cresce. Tocca ora al mercato decidere se passare a una nuova trazione. E se siete arrivati fin qui e, come me, siete appassionati di percentuali, ecco quello che fa per voi: l’analisi del mercato dei veicoli commerciali in Europa fatta dalla redazione  di Vado e Torno (il mensile che dal 1962 segue l’evoluzione tecnica, economica e normativa del trasporto stradale delle merci) . Sono davvero bravi.

  • Pompaggi idroelettrici, Edison e Webuild si alleano per due progetti nel Sud Italia

    I sistemi di stoccaggio di energia sono infrastrutture strategiche per la sicurezza energetica nazionale, essenziali per il sistema elettrico e necessarie per la transizione ecologica . Entro il 2030 il PNIEC prevede l’installazione di nuovi accumuli per oltre 10 GW, di cui 6 GW utility scale  (batterie e pompaggi idroelettrici), localizzati principalmente al Sud e nelle isole. Gli impianti idroelettrici di pompaggio sono la forma di stoccaggio dell’energia più affidabile. Prevedono due invasi posti a quote differenti: nelle ore a maggiore generazione da fonte rinnovabile l’acqua è pompata da valle a monte; in questo modo viene immagazzinata energia potenziale da trasformare nuovamente in energia elettrica quando necessario.   Questi impianti garantiscono una delle forme più efficienti di produzione : quasi l’intera energia cinetica dell’acqua è trasformata in energia elettrica. Sono anche particolarmente flessibili, perché entrano in servizio in tempi rapidissimi, e non consumano la risorsa idrica perché lavorano a ciclo chiuso e svolgono quindi un ruolo importante per la conservazione dell’acqua e il suo utilizzo a fini irrigui .   Edison e Webuild hanno sottoscritto un accordo programmatico per lo sviluppo di progetti di accumulo idroelettrico nel Sud Italia - Pescopagano (PZ) in Basilicata e Villarosa (EN) in Sicilia - con l’obiettivo di realizzare almeno 500 MW di pompaggi al 2030 e far crescere la filiera italiana dell’idroelettrico.   “Grazie a questo accordo creiamo le basi per realizzare la transizione energetica - ha dichiarato Nicola Monti, amministratore delegato di Edison - e rilanciamo una filiera strategica di cui siamo campioni in Europa, con evidenti benefici per lo sviluppo economico nazionale e l’incremento dell’energia rinnovabile in rete”.   “L’accordo mette a fattor comune le competenze di due grandi gruppi privati - ha dichiarato Pietro Salini, amministratore delegato di Webuild - per creare sistemi virtuosi e realizzare le infrastrutture di cui l’Italia ha bisogno per restare competitiva, contribuendo al percorso di transizione e di contrasto alla siccità, in particolare al Sud”.   I progetti di Pescopagano e di Villarosa sono in attesa della conclusione degli iter autorizzativi presso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) e di concessione presso le rispettive Regioni, con l’obiettivo di partecipare alle aste competitive organizzate da Terna nell’ambito del Mercato a termine degli stoccaggi (MACSE), in via di definizione. Oltre alla realizzazione di nuovi invasi e di opere di ingegneria sotterranee, le due iniziative prevedono l’utilizzo di invasi esistenti, incrementando i livelli di sicurezza e i volumi di acqua immagazzinabili , anche per ulteriori usi e per il contrasto alla siccità . La filiera italiana dell’idroelettrico vanta una posizione unica in Europa e costituisce un asset fondamentale per il Paese: con un fatturato pari a 28 miliardi di euro, di cui 15 miliardi derivanti dall’export e con un saldo commerciale di 8 miliardi di euro, si colloca al primo posto nella UE.

  • America Latina, quanto costa la transizione energetica?

    Se è chiara a tutti l’importanza che l’Africa può avere nella transizione energetica, lo stesso non si può dire di altre zone del mondo. Come l’America Latina e i Caraibi, terre che hanno tutti i presupposti per giocare un ruolo più importante del previsto nell’economia globale. Risorse e potenzialità di questa regione sono al centro del Latin America Energy Outlook , il primo report che la IEA ha dedicato al continente latinoamericano. Lo studio dei 33 Paesi che compongono questa regione del mondo offre una panoramica delle potenzialità dell’America Latina, l’ outsider  della transizione energetica (l’analisi di Carolina Gambino pubblicata su Nuova Energia , parte proprio dai dati IEA).   Il vantaggio naturale si misura subito sull’ energy mix dell’intera regione:  60 per cento di rinnovabili nella produzione di energia elettrica, con l’idroelettrico che domina con il 45 per cento. Senza considerare che il comparto energetico dei Paesi LAC (Latin America and the Caribbean) contribuisce solo per un 5 per cento alle emissioni di gas serra globali , pur rappresentando, nello stesso periodo, il 9 per cento del PIL mondiale.   L’elettricità latinoamericaraibica è già una delle più pulite al mondo , con ottime chance di ulteriore miglioramento. Sono tre gli scenari delineati dalla IEA per il futuro dell’area: STEPS - Stated Policies Scenario - che pesa gli sviluppi futuri sulle misure già in atto, senza darne per scontato il successo; APS - Announced Pledges Scenario - che presuppone un puntuale raggiungimento degli impegni assunti da singoli Paesi; e NZE - Net Zero Emissions Scenario. Quantificare però quanto denaro serva per la transizione energetica in questa parte del mondo potrebbe rivelarsi un esercizio più complicato del previsto. Il costo è molto variabile a seconda dello scenario: 180 miliardi di dollari l’anno tra il 2026 e il 2030 nello STEPS, oltre 240 per gli obiettivi Net Zero, mentre l’APS si colloca tra i due, intorno ai 200 miliardi di dollari l’anno. Il tratto comune è l’aumento sostanzioso degli investimenti rispetto ai livelli attuali. Guardando allo NZE, per alcune voci la crescita necessaria è spropositata : per elettrificare i trasporti, ai Paesi LAC servirebbe moltiplicare per 62 l’attuale livello di investimenti entro il 2030. Difficile, ammette la IEA, specialmente considerando i livelli di partenza. Questi Paesi presentano uno dei livelli più bassi di investimenti nel settore energetico espresso come percentuale del PIL; meno del 3 per cento tra il 2014 e il 2022, rispetto al 5 per cento dell’Eurasia, del Medio Oriente e del Nord Africa. A questo complicato mosaico si aggiunge un ulteriore tassello. Decarbonizzare la generazione è un passo fondamentale, ma non sufficiente. Nei Paesi LAC risultano parimenti importanti gli sforzi diretti a ripulire gli usi finali . Industria pesante, riscaldamento, e soprattutto trasporti sono infatti responsabili da soli del 40 per cento delle emissioni dei sistemi energetici della regione. E nel conteggio economico finale mancherebbe ancora una tessera centrale per la transizione: i costi per l’adattamento al cambiamento climatico , che farebbero lievitare di molto il totale complessivo. La resilienza delle infrastrutture, critiche o meno e non solo energetiche, è infatti tra le questioni collaterali più urgenti e più sottovalutate. Per caratteristiche naturali e geografiche, i Paesi LAC sono particolarmente esposti e vulnerabili ai fenomeni climatici avversi ed estremi, la cui portata e frequenza è destinata ad aumentare. L’ECLAC, la Commissione Economica per l’America Latina e i Caraibi, stimava già nel 2015 che entro il 2050 gli effetti del cambiamento climatico potranno arrivare a costare tra l’1,5 e il 5 per cento del PIL della regione.

  • Cattura e stoccaggio del carbonio, al 2034 investimenti per 196 miliardi di dollari

    La cattura, lo stoccaggio e l’utilizzo dell’anidride carbonica (CCUS) saranno essenziali per raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nette, soprattutto nei settori hard to abate . Entro il 2034 la capacità globale di cattura del carbonio sarà di 440 Mt per anno e la capacità di stoccaggio di 664 Mtpa. Questa crescita enorme sarà supportata da importanti investimenti a livello globale , secondo il rapporto CCUS: 10-year market forecast pubblicato da Wood Mackenzie, stimabili in 196 miliardi di dollari. Secondo il report, poco più della metà della spesa sarà destinata alla cattura della CO 2 , 53 miliardi di dollari al trasporto e 43 miliardi di dollari allo stoccaggio. Il 70 per cento degli investimenti, lungo tutta la catena del valore, sarà concentrato in Nord America e in Europa; in particolare, negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Canada e nei Paesi Bassi. Tuttavia, mentre i progetti per lo stoccaggio assorbiranno la domanda, secondo il rapporto l’offerta per la cattura del carbonio non sarà sufficiente . Le industrie avranno infatti bisogno entro il 2034 di una capacità di cattura della CO 2  fino a 640 Mtpa; 200 Mtpa in più di quella dei progetti che dovrebbero entrare in funzione nei prossimi dieci anni.

  • Idrogeno rinnovabile: dove trovarlo (e quanto costa?)

    L’idrogeno (rinnovabile, ma non solo) sta sperimentando una fase di notevole interesse a livello globale. Flessibilità e versatilità degli impieghi ne motivano la rilevanza crescente nelle strategie di diversificazione energetica e decarbonizzazione di quasi tutti i Paesi. Tuttavia, l’idrogeno non è disponibile in natura allo stato libero e il suo contributo alla decarbonizzazione dipende dalla modalità con cui è prodotto. Senza dimenticare gli alti costi di produzione, almeno per ora, che rallentano una maggiore penetrazione dell’idrogeno prodotto da fonti rinnovabili. Un focus sugli economics  e sui possibili impieghi dell’H 2 verde per decarbonizzare i settori hard-to-abate  è presentato da Antonello Di Pardo e Michele Masulli su Nuova Energia . “In Italia, oggi, per soddisfare il consumo di idrogeno impiegato per uso non energetico (608.000 tonnellate nel 2022) con H 2 verde, sarebbe richiesto un fabbisogno addizionale di energia rinnovabile pari a circa il 9-10 per cento dell’attuale domanda elettrica totale”. A ciò si dovrebbe poi aggiungere il fabbisogno necessario per soddisfare la domanda di energia termica dei settori hard-to-abate , che stimandola in misura conservativa comporta un ulteriore consumo addizionale di idrogeno verde di circa 200.000 tonnellate l’anno. “Per soddisfare tali fabbisogni ipotetici - sottolineano Di Pardo e Masulli - risulterebbe essenziale una potenza addizionale di elettricità rinnovabile totalmente asservita alla produzione di idrogeno verde, tra i 25 e i 30 GW, equivalente a un incremento prossimo al 50 per cento circa della capacità installata nel Paese”.

  • Nucleare e scorie radioattive, più sicurezza con la… ceramica!

    Il nucleare torna al centro della discussione europea e italiana, collegato agli obiettivi di decarbonizzazione e di indipendenza energetica che influenzeranno produzione e consumo di energia ben oltre il 2050. Rimane tuttavia nell’opinione pubblica il timore legato alle scorie. In realtà, come molte cose connesse al nucleare, spesso la preoccupazione è solo frutto di mancanza di conoscenza . Cerca di fare chiarezza Riccardo DeSalvo su Nuova Energia . “Il combustibile esausto - quello che comunemente chiamiamo scorie - occupa un volume estremamente limitato: si tratta per lo più di materiali solidi, con una piccola frazione di componenti volatili, che però possono essere facilmente e permanentemente confinate per evitare dispersioni nell’ambiente”. Basta quindi schermare questi scarti fino a quando la radioattività sarà decaduta. Se la vetrificazione seguita da smaltimento in depositi geologici è una soluzione di fine processo adeguata e completamente sicura, c’è all’orizzonte una soluzione più semplice, meno cara e ancor più sicura, basata sull’ incapsulamento del combustibile esausto in cartucce ceramiche , che sono fra i materiali chimici più stabili. “Per confinare permanentemente il combustibile esausto - scrive Riccardo DeSalvo - si è studiato l’incapsulamento in carburo di silicio, un materiale durissimo e compatto, conosciuto come carborundum, resistente ad oltre 2.300 °C”. Una volta incapsulato è quindi possibile depositare il materiale in tutta sicurezza in gallerie dove, una volta cementato l’accesso, il deposito diventa irraggiungibile, garantendo il confinamento sicuro per tempi praticamente infiniti.

  • Rinnovabili per la transizione, da Monaco una conferma: la strada è giusta!

    Lo sviluppo delle rinnovabili continua in tutto il mondo. Secondo il Renewables 2024 Global Status Report , pubblicato da REN21, lo scorso anno la nuova capacità installata a livello globale è stata di 536 GW, segnando un +54 per cento rispetto al 2022. Nuove installazioni guidate dalla Cina, con 316 GW, seguita dall’Europa con 81 GW, dal Nord America con 42 GW e da Australia e Asia (esclusa Cina e India) con 39 GW. Nella sola Europa la nuova capacità da fonti rinnovabili è stata di 81 GW, (+15 per cento).  La crescita è stata trainata ancora dal fotovoltaico , con nuovi 407 GW, seguito dall’eolico con 117 GW, dall’idroelettrico con 7 GW e da biomassa, geotermia e altre fonti green per un totale di 5 GW. Incrementi resi possibili grazie a investimenti per un totale di 623 miliardi di dollari e che hanno portato la capacità rinnovabile installata nel mondo a quota 4 TW. La generazione da fonti rinnovabili - che trova ancora nell’ inadeguatezza delle reti un ostacolo a immettere quote maggiori di energia nel sistema elettrico - vede crescere l’integrazione con sistemi di accumulo che consentono di immagazzinare l’energia generata durante i periodi di elevata produzione e di renderla disponibile durante quelli di alta domanda, rendendo più stabile e sicuro il sistema elettrico. Secondo i dati del Renewables 2024 Global Status Report , infatti, la capacità dei sistemi di accumulo di batterie su scala industriale è aumentata del 65 per cento, raggiungendo a livello globale i 29,2 GW. L’accumulo tramite pompaggio , con 6,4 GW di nuova capacità, si attesta invece a 179 GW. Numeri che dimostrano ancora una volta il potenziale delle rinnovabili e che hanno trovato conferma nella tre giorni di The Smarter E Europe, la più grande manifestazione europea per il settore dell’energia svoltasi in giugno a Monaco di Baviera. Oltre 110.000 visitatori da 176 Paesi hanno visitato i 19 padiglioni dove 3.048 espositori, provenienti da 55 Paesi, hanno presentato gli ultimi prodotti, le nuove tecnologie, le soluzioni e i modelli di business per un approvvigionamento energetico rinnovabile 24 ore su 24. “Il fatto che abbiamo nuovamente battuto i nostri stessi record in termini di numero di espositori e visitatori - ha dichiarato Markus Elsässer, CEO di Solar Promotion GmbH - è un chiaro segnale che la transizione energetica ha acquisito notevole slancio negli ultimi anni e continua a farlo e che la visione di una fornitura di energia rinnovabile 24 ore su 24, 7 giorni su 7 sta prendendo forma e diventando realtà”. Non resta che continuare a percorrere la strada intrapresa e darsi appuntamento sempre a Monaco di Baviera alla prossima edizione di The Smarter E Europ e che, con le quattro   fiere settoriali (Intersolar, la manifestazione leader mondiale per l’industria solare; EM-Power, dedicata alla gestione dell’energia e alle soluzioni energetiche interconnesse; Power2Drive, focalizzata sulle infrastrutture di ricarica e la mobilità elettrica; ed ees Europe, dedicata alle batterie e i sistemi di stoccaggio dell’energia) si svolgerà dal 7 al 9 maggio 2025. The Smarter E Europe, 7-9 maggio 2025   Messe München

  • Storage e fotovoltaico, in Romania batterie obbligatorie per i prosumer

    Sfruttare al meglio la crescente generazione rinnovabile (soprattutto da fotovoltaico) e mantenere stabile e sicuro il sistema elettrico: è questo l’intento della legge approvata dal parlamento rumeno che obbliga i prosumer a installare sistemi di storage. L’obbligo è previsto per i nuovi impianti fotovoltaici destinati all’autoconsumo con una potenza compresa tra 10,8 kW e 400 kW. Chi ha già un impianto con potenza compresa tra 3 e 400 kW avrà tempo fino al 31 dicembre 2027 per mettersi in regola. In mancanza dell’installazione di un sistema di accumulo, potranno fornire elettricità alla rete solo i proprietari di impianti fino a 3 kW. Le batterie dovranno avere una taglia pari al 30 per cento della capacità degli impianti per quelli compresi tra 3 kW e 200 kW, e del 50 per cento per quelli tra 200 kW e 400 kW. Ad aprile 2024 in Romania si contavano quasi 130.000 prosumer , rispetto ai soli 1.634 di fine 2020, per una capacità totale installata di circa 1,7 GW. Nel 2023 il governo di Bucarest ha stanziato 342 milioni di euro per il programma “Casa Verde Fotovoltaice”, per incentivare l’installazione di pannelli fotovoltaici.

  • Eolico offshore, nel 2023 domina la Cina

    Continua la crescita a livello globale delle rinnovabili, eolico offshore compreso.  Secondo i dati del Global Wind Energy Council (GWEC), nel 2023 sono stati realizzati nuovi impianti per 10,8 GW, facendo salire a 75,2 GW la capacità totale installata. Come per le altre fonti di generazione green , anche lo sviluppo dell’eolico offshore è stato trainato - per il sesto anno consecutivo - dalla Cina , con 6,3 GW. Il Paese del dragone ha così portato la propria capacità installata a 37,8 GW. Pur distante dai numeri cinesi, l’Europa, ha registrato un anno record con 3,8 GW di nuovi impianti; di questi, la metà nei Paesi Bassi, grazie soprattutto ai parchi eolici offshore di Hollandse Kust Noord e Hollandse Kust Zuid. Secondo le stime del GWEC, n ei prossimi dieci anni saranno installati 410 GW di nuova capacità eolica , in linea con l’obiettivo di 380 GW al 2030 stabilito dalla Global Offshore Wind Alliance, grazie al rapido sviluppo dei nuovi mercati eolici offshore di Australia, Giappone, Corea del Sud, Filippine, Vietnam, Brasile, Colombia, Irlanda e Polonia. Per passare dagli attuali 75,2 GW a 485 GW , è però fondamentale la collaborazione tra industria e governi e la creazione di quadri normativi semplificati ed efficaci .

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