Sostenibilità va cercando, ch’è sì cara... Cara non solo nell’accezione di «amata», quanto piuttosto di «costosa». Perché la sostenibilità, costituita da tre dimensioni che si intersecano e che dovrebbero coesistere, vive invece una grande conflittualità tra i suoi diversi aspetti. Serve un approccio integrato: il tema è l’ambiente, ma non solo; ci sono enormi implicazioni sociali ed economiche.
Questo è vero per tutti i settori, compreso quello del trasporto aereo. Volare è il modo più rapido - e a volte l’unico - per coprire lunghe distanze. Tuttavia, questa modalità deve fare i conti con gli impatti generati a livello ambientale. La transizione ecologica del trasporto aereo è una sfida complessa, che richiede certamente lo sviluppo di nuove tecnologie e soluzioni virtuose, ma soprattutto un impegno condiviso a livello internazionale.
Da qui ha preso avvio l’evento Sustainable boarding call: le rotte della sostenibilità nel trasporto aereo organizzato da ALTIS - Alta Scuola Impresa e Società dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, in collaborazione con Air France KLM, al quale abbiamo avuto il privilegio di assistere. Un momento di co-progettazione attorno al tema della responsabilità del trasporto aereo, che ha visto riuniti allo stesso tavolo i differenti stakeholder coinvolti in un dialogo vivace e costruttivo.
All’inizio, qualche dato di contesto: utile perché aiuta a fare sintesi e a identificare le priorità. Il settore aviation è responsabile per il 2,5 per cento delle emissioni mondiali di gas serra. Di questa fetta globale (fettina, direi), l’81 per cento è rappresentato dalle emissioni dirette, l’1 per cento da quelle indirette, il restante 18 dalle emissioni legate alla catena di fornitura.
Il core business delle aziende del settore è rispondere a un bisogno: aviazione significa spostare merci e persone da un punto A ad un punto B. Allo stesso tempo, però, le compagnie aeree sono chiamate a interventi rapidi e concreti finalizzati ad abbassare le emissioni di CO2/km per passeggero. Come fare? Partendo dalle leve di gestione.
Maggiore efficienza tecnologica, svecchiamento del parco circolante, miglioramenti della gestione del traffico e del singolo volo sono alcuni dei driver che portano a diminuire questo parametro. Ma la leva che incide di più - quella che tuttavia consente di volare - è rappresentata dal carburante. Per questo si sta investendo sui SAF - Sustainable Aviation Fuels: attualmente l’unica soluzione immediatamente disponibile per contribuire in maniera determinante e significativa alla decarbonizzazione del trasporto aereo.
Il riflesso economico è rilevante. Non solo perché l’Europa - che con il ReFuelEU impone percentuali di SAF sempre crescenti - non sostiene gli investimenti dell’industria della raffinazione chiamata a produrre questi sustainable fuels (tradotto in soldoni: manca disponibilità di carburante sul mercato). Ma anche perché, accanto a una offerta che è riduttivo definire scarsa, il costo dei SAF - che varia a seconda della tipologia - può essere 3-4 volte fino a 7-8 volte superiore rispetto al cherosene tradizionale.
E chi paga? Se da un lato il cliente finale - sensibile al prezzo del biglietto - manca completamente di fedeltà e sceglie la posizione più economica, dall’altro gli operatori che sui SAF si muovono prima rischiano di avere uno svantaggio competitivo. Serve collaborazione e un sostegno economico incentivante da parte del legislatore.
Trasferire una parte di costo a chi acquista un biglietto aereo - chiedendo una contribuzione a clienti business e privati, anche per educarli a scelte sostenibili - può essere una strada. Ma non tutti possono permettersi di pagarle di tasca propria, queste scelte (o imposizioni?) sostenibili. E, dati alla mano, quando il portafoglio non è più quello dei genitori, sulla sostenibilità anche le giovani generazioni si tirano indietro...
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