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ECONOMIA CIRCOLARE

Riciclo pneumatici, storia (americana ma anche un po’ italiana) di un “no”

Syngas da pirolisi di pneumatici usati: a Youngstown (Ohio, USA) cittadini e sindaco mettono in pausa i piani dell’utility locale di produrre plastica riciclata, gas sintetico e nerofumo (nero di carbonio) a partire da diversi materiali di scarto. Non sarebbe comunque un addio ma un arrivederci, poiché resta il parere favorevole (e relativa autorizzazione) dell’EPA.



Nel 2021 SOBE Thermal Solutions rileva dal vecchio gestore per soli 250.000 dollari l’ormai obsoleta centrale termica di Youngstown, in Ohio, che produceva vapore da carbone dal 1800. Nel 2022 il CEO David Ferro annuncia di voler rinnovare l’impianto e produrre plastica riciclata, gas sintetico e nerofumo (nero di carbonio) a partire da diversi materiali di scarto, principalmente pneumatici dismessi. Dalla combustione del syngas verrebbe il vapore per alimentare la rete di riscaldamento cittadina. 88 le tonnellate di pneumatici trasformati ogni giorno, 24 per cento il contenuto medio di polimeri plastici di sintesi nei copertoni da riciclare, 55 i milioni di dollari necessari per realizzare il progetto.

 

La comunità però si oppone. Nel 2021 ad Ashley, nello Stato limitrofo dell’Indiana, un tremendo incendio parte dall’impianto di riciclaggio di materie plastiche: è il settimo dal 2020. Anche lì gli scarti vengono sottoposti a pirolisi. Nel 2023 deraglia un treno nella vicina East Palestine: 38 vagoni di sostanze chimiche tossiche vanno in fiamme; lo scenario è da film apocalittico.

 

A Youngstown si teme una replica dello stesso film; lo stabilimento sarebbe eretto a soli due isolati da un carcere di grandi dimensioni, un dormitorio universitario, e il Youngstown State Football Stadium, con una capienza di 20.000 spettatori. Nasce un comitato cittadino e il 26 dicembre 2023 il sindaco Jamael Tito Brown firma una risoluzione, votata all’unanimità dal consiglio comunale. Per Silverio Caggianno, Capo dei Vigili del fuoco locali in pensione e da 18 anni nel Comitato nazionale di gestione dei rischi da rifiuti pericolosi e primo soccorso nelle emergenze, il nuovo impianto è la “ricetta per un disastro”. Come ad Ashley nell’Indiana, i pompieri della piccola cittadina in caso di incidente non avrebbero l’esperienza o l’equipaggiamento per domare incendi con rischio chimico di tale portata. La risoluzione impone una moratoria; il progetto va in panchina per un anno.

 

È la prima volta in assoluto che in Ohio un impianto di pirolisi è ufficialmente bloccato da una disposizione locale. Ci sarebbero implicazioni più profonde, dal momento che il nuovo impianto aggraverebbe una situazione già poco sostenibile. I quartieri limitrofi allo stabilimento ospitano una popolazione principalmente nera, minoranze etniche linguisticamente isolate con alti livelli di disoccupazione e basso grado di istruzione.


In aggiunta, la comunità locale presenta uno dei livelli più alti di “ingiustizia ambientale” in tutto lo Stato, secondo diversi parametri: inquinamento, rischio di malattie da esposizione a sostanze chimiche, vicinanza a rifiuti tossici.

 

Nonostante i pareri discordanti tra funzionari statali e centrali, il 14 febbraio 2024 l’EPA rilascia comunque l’autorizzazione alla costruzione, promettendo controlli extra. Delusa l’amministrazione comunale ma determinata a fare ricorso. La battaglia si giocherà sui permessi urbanistici: la zona dell’impianto è classificata mixed use, ad uso residenziale, commerciale e ricreativo; per quello che è, di fatto, un impianto chimico-industriale, a SOBE serve una modifica al piano regolatore. Oltre al permesso dei vigili del fuoco e delle autorità per la sicurezza sul lavoro.

 

Thomas Hetrick, presidente del Consiglio Comunale, spera che la risoluzione comunale regga dal punto di vista legale se il gioco si farà duro: a Youngstown (12 per cento di cittadini di origine italiana, celebrati ogni anno nell’Italian Fest, ndr) - nota il consigliere non senza ironia - facciamo una risoluzione comunale anche per proclamare “l’Italiano dell’anno”.


Carolina Gambino

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