Si fa presto a parlare di sostenibilità, soprattutto se è il vecchio fossile a garantire lo sviluppo economico e sociale di un Paese. La Guyana, tra le nazioni più piccole e meno sviluppate del Sud America, punta a utilizzare le maggiori entrate dovute all’aumento dell'export petrolifero per dare impulso al percorso di industrializzazione.
In particolare, il governo di Georgetown ha in progetto la realizzazione di una centrale elettrica a gas, lo sviluppo di progetti di energia solare e la costruzione di nuove strade. Nel 2022 le esportazioni di petrolio della Guyana sono più che raddoppiate, con una media di 265.693 barili al giorno (su 360.000 barili/giorno prodotti) rispetto ai 100.645 barili del 2021. Questo grazie soprattutto alla forte richiesta delle raffinerie europee, che hanno rappresentato il 49 per cento delle destinazioni.
La Guyana ha così potuto contare su entrate pari a 1,1 miliardi di dollari, contro i 409 milioni di dollari del 2021. Con il pieno sfruttamento del nuovo giacimento scoperto al largo delle proprie coste nel 2015, e considerato uno dei più grandi al mondo, la Guyana punta inoltre ad aumentare la produzione a 1,64 milioni di barili/giorno entro la fine del decennio.
Secondo i dati della World Bank relativi al 2021, circa un terzo degli 804.000 abitanti della Guyana viveva sotto la soglia della povertà. Con il Petroleum Resources Governance and Management Project la World Bank sta supportando il Governo del Paese nell’implementazione di un appropriato quadro giuridico e istituzionale per governare il settore petrolifero e massimizzare i benefici economici e sociali.
Morgan Stanley ha recentemente rivisto al rialzo le stime sul consumo globale di petrolio nel 2023, che dovrebbe aumentare di circa 1,9 milioni di barili al giorno rispetto alla precedente previsione di 1,4 milioni.
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