Impianti eolici, veicoli elettrici e semplici smartphone hanno fatto delle terre rare il nuovo oro nero, dando il via a una corsa senza confini alla ricerca e allo sfruttamento delle miniere. Con conseguenze spesso disastrose a livello sociale e ambientale.
Nel rapporto Myanmar’s Poisoned Mountains rilasciato da Global Witness - organizzazione con sede nel Regno Unito che si batte per i diritti umani nel mondo - è mostrato come nella ex Birmania l’estrazione di terre rare è aumentata in modo considerevole, soprattutto dopo il colpo di stato militare del 2021, con un impatto devastante sugli ecosistemi locali.
Ciò avviene in particolare nella zona di Kachin, dove circa 16.000 cittadini cinesi si sono trasferiti dalla provincia di Jiangxi per lavorare nelle miniere birmane, nelle quali anche i bambini sono impiegati per svolgere i lavori manuali più pesanti.
“Le immagini satellitari hanno rilevato che l’estrazione di terre rare è passata da un piccolo numero di siti a più di 2.700 centri di raccolta mineraria in quasi 300 località, su un’area delle dimensioni di Singapore”.
Operazioni che nella maggior parte dei casi prevedono processi di estrazione altamente inquinanti, con avvelenamento dei corsi d’acqua locali. “I rifiuti pericolosi dell’area mineraria - si legge nel rapporto - scorrono direttamente nel fiume N’Mai Kha, un affluente dell’Ayeyarwady, il fiume più importante del Myanmar e anche le colture coltivate vicino alle miniere sono contaminate”. Da notare che il bacino del fiume Ayeyarwady ospita i due terzi della popolazione del Myanmar, che conta 54 milioni di persone.
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