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INDUSTRIA

Macchine utensili, UCIMU scatta una foto alla sostenibilità del settore

Nel comparto dei beni strumentali, UCIMU - SISTEMI PER PRODURRE è la prima associazione in Italia e in Europa ad aver realizzato il Bilancio di Sostenibilità di settore. Un quadro di riferimento utile per capire come ci si sta muovendo, per migliorare i rapporti con i propri stakeholder e per allinearsi con lo scenario normativo europeo.

Barbara Colombo, presidente UCIMU - foto ImagoEconomica

Il Bilancio, che fa riferimento all’anno 2021, è stato redatto sulla base delle risposte al questionario di valutazione costruito in collaborazione con ALTIS Università Cattolica e indirizzato alle 66 imprese associate concessionarie del Marchio UCIMU (hanno risposto in 53). Predisposto secondo un’analisi di materialità, ha focalizzato l’attenzione sugli ambiti di sostenibilità maggiormente influenzati dall’attività delle aziende del settore. A partire da 11 obiettivi dell’Agenda ONU 2030, come oggetto di valutazione sono state scelte le aree ESG più coerenti rispetto al business delle imprese della macchina utensile.


“La sostenibilità è sempre più collegata alla competitività della nostra offerta - ha dichiarato Barbara Colombo, presidente UCIMU. Il Bilancio ci dice che già oggi un buon numero di pratiche in linea con i criteri ESG è stato introdotto: risultato che ci rende molto orgogliosi. Il prossimo step sarà quello di formalizzare il processo ed estenderlo ad una platea più ampia”.

I risultati del Bilancio di Sostenibilità sono stati presentati da Stella Gubelli, amministratore delegato di ALTIS Advisory, secondo i tre grandi ambiti - ambientale, economico e sociale - in cui si dispiega l’attività di impresa rispetto ai criteri di sostenibilità. Due gli obiettivi del lavoro: dare consapevolezza alla singola azienda sotto il profilo ESG, offrendo una valutazione oggettiva utile a definire un piano di miglioramento; e fornire una rappresentazione aggregata del settore, per delineare le peculiarità del comparto e i trend futuri.


“Il primo elemento di valore - ha commentato Stella Gubelli - è rappresentato dalla coralità: le aziende hanno mostrato tutte una grande volontà di coinvolgersi nel percorso. Il secondo è legato alla metodologia utilizzata, inserita all’interno di due cornici di riferimento: gli standard GRI e l’Agenda 2030. Il terzo è dato dalla volontà di pubblicare un documento aggregato su un tema inflazionato - la sostenibilità - ma anche delicato”.

Dalla riflessione di sintesi emerge la bontà dell’approccio che le aziende usano per affrontare le tematiche della sostenibilità, non concentrate su singole azioni ma su obiettivi concreti e misurabili. 7 aziende su 10 hanno già adottato sistemi di gestione alla sostenibilità e monitorano i dati. Non avere sottomano i dati è ancora oggi la lacuna principale; senza monitoraggio non c’è la possibilità di verificare gli obiettivi.


In generale, dal Bilancio di Sostenibilità emerge una diffusa mancanza di formalizzazione dei processi: nonostante il 64 per cento delle aziende abbia definito strategie e obiettivi, solo il 24 per cento lo ha fatto in maniera formalizzata. La rendicontazione è dunque migliorabile. Le aziende lavorano secondo una logica informale: adottano buone prassi, un costante monitoraggio e piani di miglioramento ma non sono in grado di dimostrarlo.


I risultati mettono quindi in luce la necessità per le imprese del settore di consolidare la loro attitudine a comunicare la sostenibilità attraverso l’implementazione di pratiche aziendali ad hoc. Perché questa attenzione alla formalizzazione? Non si rischia di spostare l'attenzione dalla sostanza alla forma?


“Oggi non basta essere sostenibili - ha concluso Stella Gubelli - serve dimostrare di esserlo. Le spinte arrivano dalle banche, dagli investitori, dalla filiera produttiva e dalla normativa. Il contesto spinge verso la necessità di integrare la sostenibilità nel business ma anche di dimostrarlo”.

In conclusione, gli ingredienti per una transizione sostenibile del settore ci sono tutti. La consapevolezza è grande e il ruolo di UCIMU è proattivo. Fondata nel 1945, l’associazione dei costruttori italiani di macchine utensili, robot e automazione - che ha più di 240 imprese associate e copre oltre il 70 per cento del Made in Italy settoriale - vuole continuare a operare al fianco delle imprese con l’obiettivo di favorire la crescita e lo sviluppo dell’industria italiana. Transizione sostenibile non è trasformazione, è movimento.


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