Sembrava ormai avviato a un inesorabile declino e destinato a scomparire dalla scena europea nel giro di pochi anni. Invece, negli ultimi mesi il nucleare è tornato prepotentemente alla ribalta. Uno scenario che Giuseppe Gatti, editorialista di Nuova Energia, analizza con la sua peculiare sagacia sul numero in distribuzione.
“Sta finalmente maturando la consapevolezza che la transizione energetica se si affida solo alle rinnovabili finisce in un vicolo cieco. La barriera dell’accumulo non è stata superata e non ci sono segnali che possa esserlo in tempi ragionevoli”.
Incomincia inoltre ad emergere una presa di coscienza del problema del consumo del suolo e dell’impatto paesistico, un handicap non secondario per le attuali tecnologie dell’eolico e del fotovoltaico. Aspetti che hanno riaperto la strada al nucleare, anche in Italia; in particolare agli innovativi Small Modular Reactor (SMR).
“Questo percorso di riabilitazione e rilancio del nucleare - spiega Gatti - è sostenuto dall’affacciarsi di nuove tecnologie avanzate, basate su significative innovazioni costruttive caratterizzate dal basarsi su reattori decisamente più piccoli di quelli convenzionali”.
Grazie a una produzione altamente standardizzata, gli SMR possono essere assemblati in sito, con una riduzione dei tempi, dei rischi e dei costi di costruzione. Secondo il rapporto di monitoraggio pubblicato nel dicembre scorso dall’Agenzia Europea dell’Ambiente, per cogliere gli obiettivi che l’UE si è data sarebbero necessari maggiori investimenti in “tecnologie a prova di futuro”. In aggiunta, incominciano a circolare stime allarmanti sui presumibili consumi generati dalle applicazioni dell’Intelligenza Artificiale, che ha un’impronta energetica particolarmente pesante.
Secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia, i data center attuali consumano globalmente circa 460 TWh annui, un valore che con le prime introduzioni dell’IA potrebbe arrivare oltre i 1.000 TWh già nel 2026 e crescere in misura di gran lunga superiore negli anni successivi.
“Le grandi firme dell’IA - prosegue Gatti - sono alquanto reticenti sulla fame di energia dei loro prodotti, ma si calcola che l’addestramento di un modello linguistico di grandi dimensioni, come ChatGPT-3, richieda poco meno di 1.300 MWh e che centinaia di milioni di interrogazioni su ChatGPT possano attivare un consumo di oltre 1 GWh al giorno”.
Per dare un’idea della diversa scala di consumi a cui si passa con l’IA, basti dire che generare un’immagine consuma tanta energia quanto la ricarica di uno smartphone.
Le politiche climatiche, fondate in buona parte sul contenimento dei consumi, rischiano così di essere travolte da quello che si annuncia come un vero e proprio tsunami energetico. “Sarà il nucleare di piccola taglia - conclude Gatti - la tavola della salvezza che ci consentirà di surfare sull’onda lunga dell’Intelligenza Artificiale?”.
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