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POLITICA ENERGETICA

Crisi energetica e sicurezza delle forniture. Il ruolo del gas in Italia

La guerra in Ucraina ha posto al centro delle politiche energetiche di tutti i Paesi la necessità di una diversificazione delle fonti e la riduzione dei consumi. Le soluzioni adottate dal Governo italiano, pur condivisibili, meritano comunque un esame critico alla luce di quanto accaduto e che potrebbe accadere in futuro.

I Paesi che non dispongono di risorse adeguate a coprire il proprio fabbisogno energetico si trovano a essere dipendenti dal loro fornitore, con il rischio che il flusso previsto si interrompa o che il costo da sopportare subisca forti impennate. Come ha evidenziato la crisi del gas russo proprio per l’Italia, che ha dovuto cercare in pochi mesi soluzioni basate sulla diversificazione delle fonti, accelerando lo sviluppo delle rinnovabili - eolico e solare soprattutto - la cui penetrazione richiede tuttavia tempi lunghi.


La dipendenza energetica del nostro Paese - come spiega Luigi De Paoli sul numero in distribuzione di Nuova Energia - è dunque destinata a durare ancora a lungo e a rimanere un punto di attenzione importante per la politica nazionale.


“Il fatto che il PNIEC usi l’avverbio «significativamente» per indicare una diminuzione di tre punti percentuali in vent’anni della dipendenza energetica - dall’attuale 77,7 al 74,6 per cento nel 2040 - indica chiaramente le difficoltà che l’Italia ha nel ridurla e gli sforzi da fare volendo accelerare tale riduzione”.

Se la dipendenza dall’estero è un elemento comune per tutte le fonti fossili, la sua dinamica ha avuto andamenti diversi. In particolare per quanto riguarda il gas naturale, dalla metà degli anni ‘90 si sono verificati due fenomeni: il consumo è aumentato - fino a far diventare il gas la prima fonte utilizzata in Italia nel corso dell’ultimo decennio - e la produzione nazionale, dopo aver toccato un picco di 20,6 miliardi di metri cubi nel 1994, è progressivamente scesa fino a 3,5 miliardi di metri cubi nel 2021. Conseguentemente, il grado di copertura dei consumi interni è passato dal 41 per cento del 1994 a circa il 4 per cento del 2021.


Il fatto che il gas sia impiegato in tutti i settori e che sia difficile da sostituire in tempi brevi (in alcuni usi industriali è imprescindibile per ragioni tecnologiche) ha accresciuto l’importanza strategica della disponibilità di questa fonte per il nostro Paese. Tuttavia, se l’UE vuole rendersi indipendente dal gas russo dopo il 2027, l’Italia mira a conseguire lo stesso risultato entro il 2025. Come? In primo luogo incrementando le importazioni da altri fornitori e promuovendo politiche di efficienza per ridurre i consumi. Poi, aumentando la produzione di energia da fonti rinnovabili (8 GW annui a partire dal 2023), di biometano (2,5 miliardi di metri cubi dal 2026), e l’estrazione nazionale di gas (passando da 3 a 6 miliardi di metri cubi/anno).


“Avere la capacità nominale di sostituire una fonte di approvvigionamento con le altre - osserva De Paoli - non è sufficiente per poter dire che si riuscirà a sostituire il flusso interrotto nei tempi richiesti e per il periodo necessario”.

La politica italiana - in risposta alla crisi derivante dalla brusca e drastica riduzione dell’import di gas russo e alla prospettiva che i rapporti con la Russia rimangano tesi per un periodo di durata non definita - è stata pronta e ha fatto ricorso a tutti gli strumenti disponibili.


Superata l’urgenza di garantire gli approvvigionamenti per l’inverno 2022-23 e quelli 2023-24, è auspicabile che vi sia chiarezza su ciò che è fatto come misura di emergenza e ciò che è fatto come soluzione stabile e si prendano iniziative che tengano conto dei costi e dei benefici di lungo termine di ciascuna soluzione, in una visione coerente del ruolo del gas nel sistema energetico nazionale.

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