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SOSTENIBILITÀ

Competitività e sostenibilità, la Svezia al vertice della classifica

Non solo gli sport, da quelli di squadra a quelli individuali, hanno nelle classifiche la propria cartina di tornasole. Anche l’insieme delle politiche e delle azioni messe in atto dai vari Paesi per una crescita sostenibile ha infatti una sua graduatoria.

Il Global Sustainable Competitiveness Index (GSCI), pubblicato per la prima volta nel 2012, misura la competitività dei Paesi sulla base di 190 indicatori quantitativi derivati ​​da organizzazioni internazionali - Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale e Nazioni Unite - e raggruppati in sei sottoindici: capitale naturale, efficienza e intensità delle risorse, capitale sociale, capitale intellettuale, sostenibilità economica ed efficienza della governance.


Fatto 100 il “mondo ideale”, il GSCI, classifica l’indice percentuale raggiunto dai vari Paesi. La nuova edizione certifica, in media, che solo il 43,4 per cento della competitività sostenibile è stata raggiunta nel mondo. La Svezia si conferma al primo posto di questa particolare classifica ma con (solo) 59,6 punti; a dimostrazione che anche i Paesi più avanzati sono lontani dall’essere veramente sostenibili e competitivi. Seguono la Finlandia (59,4 punti), l’Islanda (59,2), e la Svizzera (59,1).


Il Giappone, 12° con 55,3 punti, è l’unico Paese non europeo nella top 20, mentre la Germania (55 punti) si attesta al 15° posto, seguita dal Regno Unito (54,8). La Cina (51 punti) si piazza al 30° posto, grazie soprattutto al capitale intellettuale, superando per la prima volta gli Stati Uniti (50,9), scesi al 32° gradino e con basso punteggio in termini di efficienza delle risorse. In fondo alla classifica troviamo il Sudan, con un punteggio di 32,7, superato di poco dal Sud Sudan, con 33,1.


E l’Italia? Nella classifica generale il nostro Paese si piazza al 24° posto, con un punteggio di 52,3: frutto di un misero 81° posto nell’indice del capitale naturale (45,4 punti), definito dalle risorse a disposizione e dal loro degrado o livello di esaurimento, e del 60° piazzamento (45,2 punti) nell’indice di efficienza e intensità delle risorse, che misura la gestione e il consumo delle risorse disponibili.


Italia che ottiene invece un buon 15° posto (58,9 punti) nel capitale sociale, somma della stabilità sociale e del benessere, percepito o reale, dell’intera popolazione, e il 20° nel capitale intellettuale, basato su qualità e disponibilità dell’istruzione e attività di ricerca e innovazione (57,4 punti).


Meno bene il piazzamento nell’indice di sostenibilità economica, che misura la capacità di generare ricchezza attraverso uno sviluppo economico sostenibile e inclusivo - il nostro Paese si attesta al 43° posto (46,3 punti) e nell’efficienza della governance, indice basato sulla performance del quadro normativo e del contesto infrastrutturale per facilitare la competitività, dove l’Italia non va oltre il 40° posto (60,6). E qui, per molti, non è una sorpresa.

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