Se è chiara a tutti l’importanza che l’Africa può avere nella transizione energetica, lo stesso non si può dire di altre zone del mondo. Come l’America Latina e i Caraibi, terre che hanno tutti i presupposti per giocare un ruolo più importante del previsto nell’economia globale. Risorse e potenzialità di questa regione sono al centro del Latin America Energy Outlook, il primo report che la IEA ha dedicato al continente latinoamericano.
Lo studio dei 33 Paesi che compongono questa regione del mondo offre una panoramica delle potenzialità dell’America Latina, l’outsider della transizione energetica (l’analisi di Carolina Gambino pubblicata su Nuova Energia, parte proprio dai dati IEA). Il vantaggio naturale si misura subito sull’energy mix dell’intera regione: 60 per cento di rinnovabili nella produzione di energia elettrica, con l’idroelettrico che domina con il 45 per cento.
Senza considerare che il comparto energetico dei Paesi LAC (Latin America and the Caribbean) contribuisce solo per un 5 per cento alle emissioni di gas serra globali, pur rappresentando, nello stesso periodo, il 9 per cento del PIL mondiale. L’elettricità latinoamericaraibica è già una delle più pulite al mondo, con ottime chance di ulteriore miglioramento.
Sono tre gli scenari delineati dalla IEA per il futuro dell’area: STEPS - Stated Policies Scenario - che pesa gli sviluppi futuri sulle misure già in atto, senza darne per scontato il successo; APS - Announced Pledges Scenario - che presuppone un puntuale raggiungimento degli impegni assunti da singoli Paesi; e NZE - Net Zero Emissions Scenario. Quantificare però quanto denaro serva per la transizione energetica in questa parte del mondo potrebbe rivelarsi un esercizio più complicato del previsto.
Il costo è molto variabile a seconda dello scenario: 180 miliardi di dollari l’anno tra il 2026 e il 2030 nello STEPS, oltre 240 per gli obiettivi Net Zero, mentre l’APS si colloca tra i due, intorno ai 200 miliardi di dollari l’anno. Il tratto comune è l’aumento sostanzioso degli investimenti rispetto ai livelli attuali. Guardando allo NZE, per alcune voci la crescita necessaria è spropositata: per elettrificare i trasporti, ai Paesi LAC servirebbe moltiplicare per 62 l’attuale livello di investimenti entro il 2030. Difficile, ammette la IEA, specialmente considerando i livelli di partenza.
Questi Paesi presentano uno dei livelli più bassi di investimenti nel settore energetico espresso come percentuale del PIL; meno del 3 per cento tra il 2014 e il 2022, rispetto al 5 per cento dell’Eurasia, del Medio Oriente e del Nord Africa.
A questo complicato mosaico si aggiunge un ulteriore tassello. Decarbonizzare la generazione è un passo fondamentale, ma non sufficiente. Nei Paesi LAC risultano parimenti importanti gli sforzi diretti a ripulire gli usi finali. Industria pesante, riscaldamento, e soprattutto trasporti sono infatti responsabili da soli del 40 per cento delle emissioni dei sistemi energetici della regione.
E nel conteggio economico finale mancherebbe ancora una tessera centrale per la transizione: i costi per l’adattamento al cambiamento climatico, che farebbero lievitare di molto il totale complessivo. La resilienza delle infrastrutture, critiche o meno e non solo energetiche, è infatti tra le questioni collaterali più urgenti e più sottovalutate.
Per caratteristiche naturali e geografiche, i Paesi LAC sono particolarmente esposti e vulnerabili ai fenomeni climatici avversi ed estremi, la cui portata e frequenza è destinata ad aumentare. L’ECLAC, la Commissione Economica per l’America Latina e i Caraibi, stimava già nel 2015 che entro il 2050 gli effetti del cambiamento climatico potranno arrivare a costare tra l’1,5 e il 5 per cento del PIL della regione.
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